Tacito è con noi (18)
Riprendiamo gli articoli dal titolo “Tacito è con noi”. Questo è il XVIII della serie. Per i precedenti, si può risalire a ritroso, partendo dal link qui a fianco- http://www.ilgrandeinquisitore.it/2018/07/tacito-e-con-noi-17/
Siamo nell’anno fatale 69 d.C., l’anno dei 4 Imperatori: Galba, Otone, Vitellio e finalmente Vespasiano, con cui la Gens Flavia accede al vertice dell’Impero. In questo XXXVIII paragrafo del II libro delle Historiæ, Tacito esamina la situazione a Roma, dopo l’uccisione crudelissima di Galba. Otone si avvicina a Roma. Vitellio è in Germania. Flavio Vespasiano sta conducendo l’assedio di Gerusalemmenarrata da Flavio Giuseppe in “La Guerra Giudaica”. (https://digidownload.libero.it/Hard_Rain/Guerra%20Giudaica.pdf).
Vetus ac iam pridem insita mortalibus potentiae cupido cum imperii magnitudine adolevit erupitque; nam rebus modicis aequalitas facile habebatur. sed ubi subacto orbe et aemulis urbibus regibusve excisis securas opes concupiscere vacuum fuit, prima inter patres plebemque certamina exarsere. modo turbulenti tribuni, modo consules praevalidi, et in urbe ac foro temptamenta civilium bellorum; mox e plebe infima C. Marius et nobilium saevissimus L. Sulla victam armis libertatem in dominationem verterunt. post quos Cn. Pompeius occultior non melior, et numquam postea nisi de principatu quaesitum. non discessere ab armis in Pharsalia ac Philippis civium legiones, nedum Othonis ac Vitellii exercitus sponte posituri bellum fuerint: eadem illos deum ira, eadem hominum rabies, eaedem scelerum causae in discordiam egere. quod singulis velut ictibus transacta sunt bella, ignavia principum factum est. sed me veterum novorumque morum reputatio longius tulit: nunc ad rerum ordinem venio (“Historiæ” : II:38).
L’antica e connaturale brama di potenza, innata nella specie umana, con l’ampliarsi dell’Impero si sviluppò, e non ebbe più freni. Quando invece la dimensione del potere era piccola, la concordia era facilmente mantenuta. Ma quando-sottoposto tutto il mondo e distrutti i re e gli stati nemici, non servì avere a disposizione una potenza sconfinata, perché le lotte tra patrizi e plebei divamparono. Vi furono sia tribuni protervi, sia consoli facinorosi, e nell’Urbe e nel Foro, avvisaglie di guerre civili. Poi G. Mario-proveniente dalla plebe infima-, e L.Silla- il più fiero tra i nobili-trasformarono la libertà conquistata con le armi in tirannia (1) Dopo di loro, Gneo Pompeo, in modo meno esplicito, ma certo in modo non migliore. In seguito, solo per il potere si lottò (2). Se legioni di Romani non deposero le armi nella battaglia di Farsalo e di Filippi (3) tanto meno gli eserciti di Otone e di Vitellio avrebbero spontaneamente deposto le armi. L’ira degli dei, la facinorosità degli uomini, e le comuni colpe delittuose li spinsero alla discordia. Non è un caso-peraltro-che, se alcune guerre terminarono al primo scontro, ciò accadde solo e soltanto per viltà dei capi. Ma l’analisi di fatti vecchi e nuovi mi ha allontanato dal tema, e perciò ritorno all’ordine delle cose (narrate).
(1)I tribuni facinorosi a cui qui allude Tacito sono-probabilmente-i Gracchi e L-Apuleio Saturnino, da lui definiti “perturbatori del popolo” in Annales,III:27. “Turbolentissimi” li chiama Giulio Cesare (“De bello civili”, I:5). I consoli prepotenti, sempre a parere di Tacito, sarebbero Appio Claudio e L.Opimio
(2) Tacito si riferisce al periodo tra il 44 a.C.-morte di Cesare-, e il 31 a.C.-battaglia di Azio, dopo la quale Ottaviano si impossessò definitivamente del potere. E’ interessante rilevare che -tra le figure negative del periodo- Tacito non nomini mai Gaio Giulio Cesare
(3) A Farsalo (48 a.C.) si decisero le sorti della Guerra Civile fra Cesare e Pompeo. A Filippi (42 a.C.) furono vinto Bruto e Cassio-uccisori Cesare- da Marco Antonio e Ottaviano.
Fine della Diciottesima Parte
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