Cesare suggeritore di Catilina ?
(Prima Parte)
Congiura di Catilina: 8 novembre 63 a.C. Questo è l’argomento del presente articolo, che sarà pubblicato a puntate. Abbiamo identificato 7 protagonisti, che sono qui di seguito indicati. Cominciamo con Marco Porcio Catone, del partito aristocratico e dunque oppositore di Catilina.
1)Lucio Sergio Catilina (http://www.treccani.it/enciclopedia/lucio-sergio-catilina/)
2)Gaio Sallustio Crispo (http://www.treccani.it/enciclopedia/gaio-sallustio-crispo/)
3)Gaio Giulio Cesare (http://www.treccani.it/enciclopedia/gaio-giulio-cesare/) (https://goo.gl/images/N99Gn6)
4)Marco Tullio Cicerone (http://www.treccani.it/enciclopedia/marco-tullio-cicerone/)
5)Gneo Pompeo Magno (http://www.treccani.it/enciclopedia/gneo-pompeo-magno_%28Dizionario-di-Storia%29/) ( I 40 giorni che cambiarono il mondo (http://www.ilgrandeinquisitore.it/wp-admin/post.php?post=748&action=edit)
6)Marco Licinio Crasso (http://www.treccani.it/enciclopedia/marco-licinio-crasso/)
7) Marco Porcio Catone (http://www.treccani.it/enciclopedia/catone-marco-porcio-detto-uticense/).
“… (Marco Porcio Catone) nato il 95 a.C., uomo del miglior volere e dotato d’un raro spirito di sacrificio e pure una delle più bizzarre e più accigliate e più sgradevoli figure di questo tempo così abbondante di caricature politiche.
Onesto e fermo, serio nel volere e nell’operare, pieno di devozione per la sua patria e per l’avita costituzione, ma cervello lento e senza passioni né sensuali né morali, avrebbe forse potuto diventare un discreto contabile di stato. Sennonché malauguratamente egli si lasciò ben presto trasportare dal fascino delle frasi, e in parte dominato dalla retorica dello Stoà, in uso nel gran mondo di quel tempo, con la sua astratta aridità e insipida frammentarietà, in parte dallo esempio del suo bisavolo che egli credeva suo speciale compito di imitare, cominciò a percorrere la viziosa capitale qual cittadino modello e specchio di virtù; e, come il vecchio Catone, a sparlare dei tempi che correvano, andando a piedi invece che a cavallo, non prestando denaro ad interesse, declinando ogni distintivo di onori militari e credendo di restaurare i buoni antichi tempi coll’andare senza camicia sull’esempio di Romolo.
Questo giovane e freddo erudito, dalle cui labbra sgorgava la scienza del pedagogo e che si vedeva dappertutto sedere con un libro in mano, questo filosofo, che non conosceva né il mestiere delle armi, né un altro qualunque, questo fantastico del regno dell’astratta filosofia morale era una singolare caricatura del suo antenato, del vecchio agricoltore, di colui che l’odio e l’ira avevano convertito in un oratore, che maneggiava colla stessa maestria la spada e l’aratro, di colui, che colla sua intelligenza limitata, ma originale e sana, generalmente colpiva nel segno.
Nondimeno egli divenne un uomo di una certa autorità morale, e quindi anche politica. In un’epoca assolutamente triste e vile il suo coraggio e le sue virtù negative si imponevano alle moltitudini; egli faceva perfino il maestro di scuola e vi furono alunni – certo della stessa tempra – i quali copiavano il vivente filosofo modello e alla loro volta ne divenivano la caricatura.
Alle stesse cause si deve attribuire anche la sua influenza politica. Siccome egli era il solo conservatore ragguardevole il quale, se non possedeva ingegno e perspicacia, era però dotato di onestà e di coraggio e sempre pronto, occorrendo e non occorrendo, ad esporre la sua persona, egli divenne ben presto il capo riconosciuto del partito degli ottimati, sebbene né la sua età né la sua mente gliene dessero il diritto.
Là dove poteva decidere la perseveranza d’un solo uomo risoluto egli ottenne anche un buon successo, e nelle questioni di dettaglio, particolarmente nel ramo finanziario, egli rese spesso dei buoni servizi; non mancava mai d’intervenire alle sedute del senato e la sua questura fece veramente epoca; finché visse esaminò e controllò nei suoi dettagli il bilancio dello stato e perciò egli si trovò sempre in guerra aperta cogli appaltatori delle imposte. Ma oltre ciò egli non aveva assolutamente alcuna qualità per essere un uomo di Stato.
Mancava di ogni sensibilità politica ed era incapace di ravvisare a colpo d’occhio le questioni politiche; tutta la sua tattica consisteva nell’affrontare chiunque si scostasse o gli sembrava che si scostasse dal tradizionale catechismo morale-politico dell’aristocrazia, e così facendo era naturale che egli lavorasse più per gli avversari che per gli uomini del suo partito. Come il don Chisciotte dell’aristocrazia, con i suoi modi egli provò tutto al più che esisteva ancora un’aristocrazia, ma che la politica non era più che una chimera. (Theodor Mommsen :“Storia di Roma”; Libro Quarto- https://www.liberliber.it/mediateca/libri/m/mommsen/storia_di_roma_volume_7/pdf/mommsen_storia_di_roma_7.pdf)
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