Søren Aabye Kierkegaard (Copenaghen,1813 – 1855 ) criticò sempre Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 – 1831), e l’hegelismo in tutte le varie forme e declinazioni.
Al riguardo scriveva: “ Ogni mercante della speculazione …della filosofia moderna…, ogni libero docente, assistente, studente, non si accontenta di dubitare di tutto, ma va oltre” (“Timore e Tremore”; pag. 25) .
Per il grande filosofo e teologo danese, gli scribi del suo tempo ritenevano che addirittura fosse sconveniente un atteggiamento diverso dal dubbio sistematico, e la stessa cosa si verifica oggi, nella società occidentale, post-industriale e post-moderna.
Ciò che urtava Kierkegaard era la mancanza di “ogni dubbio sul dubbio”. Egli in parole semplici diceva: “Se dubiti di tutto, devi necessariamente dubitare anche del tuo dubbio” .
E invece, gli Hegeliani, di allora, di oggi, e di…domani, a quanto pare, dubitano di tutto…tranne che del proprio dubbio, e la cosa è priva di senso logico formale, ovviamente.
La polemica di Kierkegaard contro Hegel e i suoi seguaci fu condotta con verve instancabile, perciò invito a leggere il libro, nel caso “Timore e Tremore”, da cui sono tratti i brani citati nell’articolo, e in genere tutta la sua opera.
Per altri riferimenti sull’argomento, rimando a un precedente articolo apparso su questo Blog: http://www.ilgrandeinquisitore.it/wp-admin/post.php?post=571&action=edit.
( A motivo della sua tremenda solennità, la morte è la luce in cui le grandi passioni, sia buone che cattive, diventano trasparenti, e non più limitate alle apparenze esterne)
Ma qual è, dunque, la vera materia del contendere, secondo Kierkegaard? In questo articolo, riportiamo due brevi brani di “Timore e Tremore”, nei quali egli dimostra che gli Hegeliani e tutti i loro epigoni avevano attribuito a Cartesio, ciò che Cartesio non aveva mai neanche pensato, insomma il solito caso di “cannibalismo filosofico”, così frequente nella cultura moderna e contemporanea.
(Un uomo è un essere vivente che ritiene la felicità stia nelle cose fuori di lui, ma alla fine si accorge che la sorgente della felicità sta dentro di lui )
Kierkegaard sostiene dunque che i moderni (gli Hegeliani, nel caso di specie) hanno strumentalizzato i giganti antichi (Cartesio) per fini di bassa cucina ideologica. Al riguardo, viene in mente l’adagio attribuito a Bernard di Chartres, detto l’adagio del “nano sulla spalla del gigante”.
Per informazioni ulteriori sull’argomento, puoi andare al link seguente: http://www.treccani.it/enciclopedia/nani-sulle-spalle-di-giganti_(Dizionario_di_filosofia)/
Ecco dunque i brani del libro “Timore e Tremore” di Søren Kierkegaard:
I Brano:
– Memores tamen, ut jam dictum est, huic lumini naturali tamdiu tantum esse credendum, quamdiu nihil contrarium a Deo ipso revelatur. … Praeter caetera autem, memoriae nostrae pro summa regula est infigendum, ea quae nobis a Deo revelata sunt, ut omnium certissima esse credenda; et quamvis forte lumen rationis, quam maxime clarum et evidens, aliud quid nobis suggerere videretur, sold tamen auctoritati divinae potius quam proprio nostro judicio fidem esse adhibendam.- (pag. 26)
(Memori tuttavia, come già è stato detto, che a questo lume naturale bisogna credere fino a quando niente di contrario viene rivelato da Dio stesso. Oltre a tutto il resto, poi bisogna porre nella nostra mente come soma regola che le cose che ci sono rivelate da Dio, debbono essere credute come le più certe di tutte; e forse, anche se il lume della ragione , quanto più si può chiaro ed evidente, sembrasse suggerirci qualche altra cosa, bisogna tuttavia prestar fede alla sola autorità divina, piuttosto che al nostro proprio giudizio) – Egli non gridò “Al fuoco!” , né impose a chicchessia il dovere di dubitare, perché Cartesio era un pensatore tranquillo e solitario, non uno strillone di guardia notturna. Confessò onestamente che il suo metodo aveva importanza solo per lui, ed era derivato dalle proprie traballanti conoscenze precedenti- (Kierkegaard).
II Brano:
“Ne quis igitur putet me hic traditurum aliquam methodum quam unusquisque sequi debeat ad recte regendum rationem; illam enim tantum quam ipsemet secutus sum exponere decrevi. … Sed simul ac illud studiorum curriculum absolvi (sc. juventutis), quo decurso mos est in eruditorum numerum cooptari, plane aliud coepi cogitare. Tot enim me dubiis totque erroribus implicatum esse animadverti, ut omnes discendi conatus nihil aliud mihi profuisse judicarem, quam quod ignorantiam meam magis magisque detexissem.”
(“Dissertatio de Methodo”, pagg. 2 e seguenti).
(Nessuno deve pensare che io voglia insegnare il metodo che ciascuno deve seguire per condurre rettamente la propria ragione, io ho deciso di esporre soltanto quello che io stesso ho seguito….Quando io ebbi concluso quel corso di studi, al cui termine si era accolti nel numero dei dotti, io cominciai a pensare in modo del tutto opposto. Compresi infatti di trovarmi avviluppato in tanti dubbi e tanti errori, da arrivare a credere che tutto il mio impegno per istruirmi mi avesse dato altro vantaggio che quello di farmi scoprire sempre più profondamente la mia ignoranza…).
La traduzione è di Cornelio Fabro: vedi nota qui sotto.
Per i riferimenti generali, tralasciamo quelli a Hegel, che nella polemica di Kierkegaard è solo citato.
Invece, per i riferimenti e gli approfondimenti su Cartesio e Kierkegaard, vai ai link seguenti:
– Cartesio: Principia philosophiae : http://www.loc.gov/item/46028327
– Søren Aabye Kierkegaard “Timore e Tremore” , a cura di Cornelio Fabro. BUR; ISBN 88-17-16562-X