Essere e Verità
(I)
Parmenide e Platone
“Parmenide e Platone” è il primo di una serie di articoli dedicati alla Filosofia, a proposito della quale, un tempo, nelle Scuole Superiori, i Professori erano soliti dire una frase proverbiale, con alcune variazioni. La frase, nella sua essenza, era questa: ”La Filosofia non serve a niente, perché serve a tutto”, il cui significato non ha bisogno di essere spiegato.
Questo primo articolo contiene alcuni brevi scritti di due Filosofi (Parmenide e Platone) della Grecia Antica, dove la Filosofia Occidentale ha avuto la propria-nobilissima- culla. A proposito della Filosofia Greca, infatti Martin Heidegger scrisse: ”La Filosofia Occidentale è uno dei non molti casi in cui l’inizio ha coinciso con la fase più alta della parabola storica di una disciplina”.
I) PARMENIDE è l’innovatore radicale tra i presocratici. Una Dea rivela a Parmenide che vi sono tre vie possibili per la ricerca della verità:
– VIA DELLA VERITA’: è la via della ragione, del logos l’essere è e non può non essere, il non essere non è e non può in alcun modo essere. È la prima formulazione del principio di non contraddizione. Parmenide era un naturalista e va alla ricerca dell’elemento originario del tutto e nota che ciò che è realmente comune a tutte le cose è il verbo essere, perciò l’oggetto del verbo essere è l’archè. Dunque all’inizio c’è stato l’essere, perciò tutte le cose sono essere, quelle materiali e quelle spirituali (come il pensiero: si pensa l’essere, il non essere non è pensabile, pensare ed essere coincidono!). L’essere è ingenerato ed incorruttibile, non nasce e non muore, perciò non c’è futuro, non c’è passato, non c’è alterazione, non c’è movimento, l’essere è omogeneo e sempre identico, indivisibile in parti, finito (influsso pitagorico: il perfetto era il finito, il limitato), come una sfera, uno. Contro gli ionici (=i milesi) l’essere di Parmenide non è allora principio, perché non c’è un principio, non genera le cose differenziandosi, non esiste una generazione che implicherebbe il non essere.
–VIA DELL’ERRORE: la si percorre seguendo i sensi e tale è l’opinione dei mortali i quali accettando il divenire e il molteplice, il nascere e il morire, ammettono l’esistenza del non essere.
– VIA DELLA DOXA: viene data una certa plausibilità alle apparenze rettamente intese, ai sensi, benché fallaci. Ne emerge una concezione che benché non vera è tutta via plausibile, è “apparente”. Questa opinione plausibile cerca di rendere conto dei fenomeni. Secondo Parmenide i mortali hanno ammesso due forme supreme (Luce e Notte) dalla cui combinazione sono venute tutte le cose, senza capire che esse andavano sintetizzate in una unità superiore che è l’essere. cioè luce e notte sono uguali, sono essere. Per questo Parmenide arriva ad affermare che il cadavere, che cade nelle tenebre, percepisce il freddo, il silenzio. Le tenebre non sono il nulla, sono essere, come la luce, come tutto (Giovanni Reale: “STORIA DELLA FILOSOFIA ANTICA”; Edizioni Vita e Pensiero, Milano, 1987. VOLUME PRIMO)
II) Parmènide di Elea ( Παρμενίδης, Parmenídēs; nato ad Elea tra il 515 a.C./510 a.C.; o tra il 544 a.C./541 a.C.; morto ad Elea nel 450 a.C.)
1) Io ti spiegherò tutte le cose, e tu ascolta il mio discorso che ti chiarirà quali sono le sole vie di ricerca pensabili: la prima: che l’essere, ciò che esiste, esiste stabilmente e non è un fluido processo diveniente, è la strada della Persuasione e della Verità, la seconda: che l’essere, ciò che esiste, non esiste ma è un continuo divenire, che si trasforma in altro da sé, che nasce e muore, che cambia colore e luogo, costituisce un sentiero del tutto impraticabile; infatti, se l’essere non esistesse, non potresti conoscerlo (non è infatti possibile concepire, pensare e conoscere ciò che non esiste), né potresti esprimerlo. Il pensiero è pensiero dell’essere: se penso, penso l’essere, penso che è, che esiste; non posso pensare il non essere, ciò che non esiste, il nulla (Parmenide; Frammento 2).
2) “ Senofane, Parmenide e Melisso dicono che il cosmo è eterno ed incorruttibile” (Aezio:”Raccolta di opinioni filosofiche”; II:1-2)
III) Platone ( Πλάτων Plátōn, Atene, 428/427 a.C. – Atene, 348/347 a.C.)
1)“…Nel nostro Stato non dovranno esserci mendicanti, e se qualcuno dovesse mettersi in mente di chiedere l’elemosina, e di guadagnarsi da vivere con petulanti piagnistei, gli Agoranomi lo scaccino dalla piazza, gli Astinomi dalla Città, gli Agronomi da tutto il resto del paese, fuori dai confini, in modo che il paese sia del tutto libero da tali esseri…” (Leggi, XI;936C)
2)(Agoranomi=si occupavano dell’Agorà; Astinomi=si occupavano delle dodici sezioni-quartieri- della Città; Agronomi= si occupavano della campagna)
3)“…E così anche ai conoscibili dirai che proviene dal Bene non solo l’essere conosciuti, ma anche l’Essere e l’Essenza provengono loro da questo, pur non essendo il Bene l’Essere, ma ancora al di sopra dell’Essere, essendo superiore in dignità e potenza…” (Repubblica, VI:509 B-C)
4)“…Il Santo viene amato dagli Dei inquanto è Santo, o è Santo in quanto amato dagli Dei?…” (“Eutifrone; 10A)
5) Senofonte:(*)”Memorabilia” (1.1.1)
[1] Πολλάκις ἐθαύμασα τίσι ποτὲ λόγοις Ἀθηναίους ἔπεισαν οἱ γραψάμενοι Σωκράτην ὡς ἄξιος εἴη θανάτου τῇ πόλει. ἡ μὲν γὰρ γραφὴ κατ’ αὐτοῦ τοιάδε τις ἦν· ἀδικεῖ Σωκράτης οὓς μὲν ἡ πόλις νομίζει θεοὺς οὐ νομίζων, ἕτερα δὲ καινὰ δαιμόνια εἰσφέρων· ἀδικεῖ δὲ καὶ τοὺς νέους διαφθείρων.
(*): Citiamo questo brano di Senofonte, che contiene una sintesi geniale del significato della filosofia di Socrate, e quindi anche del suo discepolo più illustre, Platone
“Mi sono spesso chiesto con stupore quali potevano essere gli argomenti che avevano consentito agli accusatori di Socrate di convincere gli Ateniesi che egli meritava la pena di morte. L’accusa contro di lui era formulata così:” Socrate è colpevole di non riconoscere gli Dei riconosciuti dallo Stato (**) e di introdurre altre divinità, nuove. Egli è anche colpevole di corrompere i giovani”
(**) ἡ πόλις=Città – Stato, che noi abbiamo tradotto con “Stato”
Fine Primo Capitolo
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