Atene e Mitilene
Mitilene, nell’isola di Lesbo,ha un governo di orientamento oligarchico, e quindi consono con quello di Sparta, ma fa parte della Lega Attica, guidata da Atene. Mitilene vuole approfittare dell’indebolimento di Atene, provocato dalla peste, e tenta di stipulare un’alleanza proprio con Sparta: siamo nel 430 a.C.. Sparta declina, perché teme di non potere garantire protezione, in caso di una risposta energica di Atene.
La peste scoppiata nell’Attica indebolisce la posizione di Atene,
Mitilene tenta di nuovo di rinegoziare l’alleanza e la protezione di Sparta, dove invia una delegazione Contestualmente, Mitilene-non sicura di ottenere di allearsi con Sparta- invia un’altra delegazione ad Atene, a cui chiede di rinegoziare i termini dell’alleanza.
Atene prima decide di impartire all’isola ribelle una dura punizione, poi ci ripensa, e attua una punizione selettiva.
Subito partono per Mitilene delle navi, con il compito di punire indiscriminatamente tutti i Mitilenesi: posizione di Cleone.
Dopo Cleone, interviene Diodoto che convince l’assemblea a punire solo gli Aristocratici, ostili verso Atene.
In seguito all’intervento di Diodoto, una seconda viene inviata a Mitilene, con il compito di una repressione selettiva. La seconda spedizione viene organizzata più veloce e -a Mitilene-precede quella inviata in un primo momento.
Tutto ciò, descritto da Tucidide in “Guerra del Peloponneso”; libro III, sarà l’argomento dei due capitoli che questo Blog dedicherà all’argomento.
La traduzione dal Greco è nostra. Poiché la nostra conoscenza del Greco deriva dal Liceo, ci scusiamo in anticipi con i Grecisti, che dovessero rilevare errori o imprecisioni e, li pregandoli di segnalarli, li ringraziamo anticipatamente.
Le spiegazioni sul testo saranno da noi fornite in brevi note, che collocheremo nei punti necessari, per chiarire una vicenda piuttosto complessa, e – soprattutto-un testo complessissimo.
I) Intervento di Cleone:
Qui Cleone sostiene che la posizione egemone in un’alleanza è possibile solo con il dominio. Ogni deroga a questo modus operandi vanifica l’egemonia, perché spinge gli alleati a ribellarsi e a cercare nuovi “egemoni” . Sensu stricto, Cleone ha ragione, ma vedremo più avanti come il dominio non necessariamente implichi la violenza, ma può implicare solo la minaccia della violenza, o la potenzialità della violenza.
1) Potere & Dominio
“In passato sono stato spesso del parere che una democrazia non sa esercitare il dominio, e adesso ne sono più che mai convinto, avendo visto nei vostri volti il pentimento per la decisione su Mitilene. Paura e complotti sono assenti dal vostro modo di essere nella vita quotidiana, e assenti anche nei vostri rapporti con i vostri alleati, senza che vi capiti mai di pensare ai guai in cui potete cacciarvi: se ascoltate le loro richieste o indulgete alla compassione, siete in grave pericolo, e certamente non avrete alcuna riconoscenza dagli alleati per la vostra debolezza, perché avete dimenticato che il vostro potere si basa sulla forza, che esercitate contro uomini che tramano insidie, e la cui obbedienza è garantita non dalle vostre concessioni incaute, e neanche dalla loro lealtà, ma dalla vostra determinazione. L’aspetto più allarmante del momento attuale è la mutevolezza che sembra caratterizzare le decisioni di Atene, e il fatto che noi diamo l’idea di ignorare che le cattive leggi che mai mutano sono preferibili per lo Stato a quelle buone, ma sprovviste di autorità: è meglio essere ignoranti, ma risoluti; che pieni di ingegno, ma privi di determinazione. Inoltre, gli uomini comuni maneggiano meglio gli affari dello Stato di quelli eminenti, perché questi cercano di apparire sempre più saggi delle stesse leggi, e avere il sopravvento negli argomenti che di volta in volta vengono presentati nell’interesse comune, come se non potessero manifestare le loro proprie opinioni in occasioni più importanti e, a causa di questo atteggiamento, portano lo Stato alla rovina. Mentre, gli uomini comuni-che mai enfatizzano la propria sagacia- sono contenti di essere meno saggi delle Leggi, e meno abili a evidenziare gli errori di un oratore ed-essendo giudici equanimi, piuttosto che polemisti attaccabrighe- gestiscono con successo le cose dello Stato.
Questi noi dovremmo cercare di seguire, e non scegliere la spocchia e l’abilità oratoria di chi elargisce a voi che siete il popolo, consigli stravaganti.
Quanto a me, resto della mia precedente opinione, e penso a quelli che, avendo proposto di riesaminare il caso di Mitilene, stanno causando un ritardo decisionale che torna a vantaggio dei colpevoli, perché l’offeso in tal modo procede contro i colpevoli con una rabbia affievolita dal tempo. Invece, quando la risposta all’offesa è rapida, essa è anche proporzionata al danno subito. E mi meraviglio anche dell’uomo che vorrà contraddirmi, cercando di dimostrare che i torti commessi da quelli di Mitilene non ci danneggino, ma che le nostre difficoltà danneggino i nostri alleati. Lo stesso uomo evidentemente avrà una tale fiducia nella propria capacità di persuasione da voler dimostrare che ciò era stato già deciso in realtà era ancora da decidere, oppure-corrotto dal denaro-cercherà di ingannarvi con frasi roboanti. Ma se è così, lo Stato, per premiare gli altri, danneggia sé stesso. Sono da biasimare quelli che sono così sciocchi da organizzare simili gare, e che vanno ad ascoltare un oratore come se andassero ad uno spettacolo, per farsi uditori delle gesta compiute e voi che prendete decisioni sulle cose future in base all’abilità dialettica di quelli che vi presentano il futuro come già realizzato, senza che dobbiate fare alcuno sforzo. Invece, a riguardo di fatti già accaduti, vi rifiutate di adottare come più indiscutibile e cosciente metro di riflessione la concreta, tangibile realtà degli eventi, fidandovi piuttosto di ciò che udite nelle roboanti arringhe di chi ve ne porge, a parole, un resoconto pregiudiziale. Siete prontissimi all’inganno di una eloquenza ammantata da una veste di originalità, e altrettanto insuperabili nel recalcitrare di fronte a una linea di condotta già solidamente confermata dall’esperienza. Siete affascinati fino alla schiavitù dal singolare e dallo straordinario, colmi di sprezzante noia per ciò che è consueto e regolare. Ciascuno di voi smania per la febbre d’esser valente nella parola; se fallisce questo segno, di saziarsi almeno scendendo in contesa con quella bella genia di parlatori, a mostrare che anche egli può seguire, senza farsi aspettare troppo, i loro ingegnosi ragionamenti; anzi sa cogliere a volo la paroletta acuta, prima che sorga dalle labbra di chi parla, ed elevarla alle stelle, maestro di prontezza nell’intuire i propositi altrui, ma altrettanto arrugginito nel divinarne in tempo le pratiche conseguenze. Allora, permettetemi di dirvi, che voi seguite un metodo vano in questi tempi, quel metodo che non vi fa valutare la realtà dei fatti.
2) Demagogia
Vi piacciono le belle parole, e siete come il pubblico che si entusiasma alle tenzoni dialettiche dei Sofisti, e che pertanto non si cura del bene comune.
Invece io sto cercando di dissuadervi dal vostro errore, dimostrandovi che Mitilene vi ha arrecato il peggiore degli oltraggi. Infatti, può esistere qualche giustificazione per chi, stanco del vostro giogo, o intimorito da minacce esterne, si ribella a voi. Ma costoro abitano un’isola, protetta da mura, che può essere attaccata solo dal mare. Ma essi posseggono una buona flotta; hanno da noi ottenuto autonomia politica e onori. Quindi, il loro è un intrigo, una rivolta. Non è una defezione, che si può comprendere solo di fronte a un dominio feroce e intollerabile. È un loro piano di unirsi ai nostri nemici, per annientarci?
Inoltre, essi non ci hanno sfidati unilateralmente. Non fecero come altri nostri alleati che tentarono la ribellione e che-ora-sconfitti, gemono sotto il nostro comando. Neppure il benessere di cui godevano ha loro ispirato la cautela di non tentare un’impresa così incerta. In realtà, essi hanno guardato con sfida al futuro, con speranze superiori alla loro forza reale, ma fragili rispetto ai loro desideri. Così hanno scelto la guerra, e hanno scelto il diritto della forza, alla forza del diritto. Hanno atteso il momento propizio per aggredirci, senza neanche il pretesto di un torto subito.
3) Forza del Diritto o Diritto della Forza?
Qui notiamo alcune contraddizioni nelle argomentazioni di Cleone. A) egli infatti afferma che gli Ateniesi devono usare la forza, anche se questa dovesse confliggere col Diritto. Subito dopo, egli afferma che i
B) Mitilenesi hanno violato il Diritto, tradendo l’alleanza con Atene, e segretamente tentando di allearsi con Sparta.
È evidente che, se Mitilene ha violato gli accordi, il Diritto è già stato violato, e Atene ha piena legittimità di rappresaglia, sia in senso logico, che nel senso del Diritto di Guerra.
“ È certo che uno Stato che acquisisce un benessere insperato, perda il senso della misura: gli uomini sono al sicuro, quando le loro vicende sono segnate dalla ragione; e sono in pericolo, quando è la fortuna a indirizzarle. Anche se appare strano, è più facile porre rimedio a una sciagura, che gestire una fortuna immeritata .Eccessivo è Il prestigio goduto dai Mitilenesi, che si sono abbandonati a gesti di intolleranza, perché è proprio della natura umana ripagare la correttezza con l’insofferenza, e il rigore implacabile con la deferenza. La punizione deve essere proporzionata al loro crimine. Non dovete limitarvi a punire gli Aristocratici, assolvendo il popolo: la rivolta è stata unanime. Senza rivolta, tutti loro potrebbero vivere tranquillamente nelle proprie case.
Il popolo si persuase che aderire alla rivolta degli Aristocratici poteva essere una decisione proficua, e si unì alla sedizione organizzata da altri. Ora, fate attenzione alla Lega Attica. Se punite allo stesso modo gli alleati che si ribellano a noi, costretti dal nemico, e gli alleati che si ribellano sua sponte, dovete aspettarvi che tutti saranno tentati di ribellarsi perché, in caso di successo, riconquisteranno la libertà; mentre, in caso di insuccesso, subiranno una punizione minima. Ma su di noi incomberà sempre il pericolo di perdere vita e denaro contro ogni nemico insubordinato.
La vittoria ci porterà solo un ammasso di rovine, e nessun vantaggio per l’avvenire. Vantaggio che è la vera nostra forza contro il nemico. La nostra sconfitta aggiungerà ai nostri nemici attuali, che già combattono contro di noi, altri nemici che si decideranno ad unirsi contro di noi. Perciò ci logoreremo a combattere contro nemici presenti e nemici potenziali, in guerre senza fine, e in tutti i territori degli alleati.
Perciò togliete a Mitilene ogni speranza di mitigare la nostra vendetta, attraverso la nostra indecisione, attraverso promesse di bottino e di oro, o qualche parolina di pentimento. Il vulnus che ci hanno arrecato non è stato certo involontario, perché essi sono stati sempre consapevoli del colpo che ci stavano infliggendo: la premeditazione non può essere perdonata. In un’assemblea precedente mi sono battuto, e mi batto anche in questa, perché voi tutti non modifichiate le vostre deliberazioni pregresse, avendo ceduto alle tre cause principali di abdicazione dalle leggi del Dominio: la compassione; i discorsi pretestuosi; la clemenza. La clemenza-o pietà- ha senso fra uguali, ma non si sperpera con chi, non solo mai la ricambierà, ma si comporterà sempre in maniera ostile. I retori, maestri nei discorsi eleganti, limitino il proprio campo d’azione alle faccende futili e ai tornei verbali, e si astengano in un momento come il presente, quando lo Stato potrebbe pagare le loro facezie, con un grave tributo di sangue, mentre loro in realtà vanno alla ricerca di vantaggi venali, come gratificazione impropria alla loro abilità retorica. La clemenza va riservata a chi già mostra la volontà di mostrarsi leale anche in futuro, e si nega a chi insisterà nel proprio atteggiamento ostile.
Per concludere, io vi dico: se seguirete il mio consiglio, punendo Mitilene secondo giustizia, otterrete il vostro utile. Poiché è chiaro che con un altro atteggiamento, non otterreste la loro riconoscenza, e firmereste la vostra condanna. Se la loro ribellione fu legittima, allora il vostro dominio è illegittimo. Se invece, anche contro il Diritto, vi propongo di farvi rispettare, potrete punirli duramente-anche contro la giustizia, ma seguendo solo il vostro profitto. La vostra vera difesa è di essere inflessibili nel punire, e non rivelare alcuna resipiscenza nel reagire al loro complotto. La vostra vera forza è non mostrare un’attitudine più fiacca della loro, che pure vi hanno sfidato. Pensate a cosa vi avrebbero imposto, se la loro azione avesse avuto successo, e ricordate che la loro motivazione principale fu violare il Diritto.
Chi assalta senza plausibile pretesto, spinge agli estremi orrori la propria distruttiva ferocia, prevedendo con spavento la reazione del nemico sopravvissuto: chi subisce senza motivo un colpo ed è superstite, si trasforma in un avversario più terribile di un altro, su cui agisca l’impulso di un odio giustificato e covato da tempo. Non tradite dunque voi stessi. Accostate il più possibile alla vostra fantasia l’incubo della sventura che vi minacciava: calcolate a che prezzo avreste bramato d’averli in pugno. Ripagateli ora, senza debolezze, ravvivando in questo attimo il ricordo orribile del pericolo che incombeva sul vostro capo. Inchiodate nella mente degli altri alleati l’inequivocabile modello di una punizione esemplare. Si sappia che la morte attende i ribelli. Se questa verità s’afferma in loro, sentirete meno l’obbligo di sminuire il vostro sforzo contro il nemico, per battervi contro i vostri stessi alleati.
Fine della Prima Parte
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