Circe e Ulisse (5)
(Ultima)
Ulisse, grazie ai consigli del dio Ermete sfuggito alle insidie della Maga Circe, ne riceve consiglio e aiuto: per tornare ad Itaca, deve scendere nell’Averno, cioè nell’Oltretomba, e parlare con Tiresia, mitico indovino di Tebe. Per le parti precedenti, si può andare alla penultima (Quarta) (http://www.ilgrandeinquisitore.it/2019/08/circe-ulisse-4/), e risalire a ritroso fino alla Prima.
Al termine dell’articolo, troverete un Piccolo Dizionario dei Nomi e dei Toponimi citati.
Buona lettura!
I
“Ma quando poi di pianto, di stare bocconi fui sazio,
io le risposi allora, volgendole queste parole:
«Circe, e chi mai potrà guidarmi per questo viaggio?
Sopra cerulea nave nessuno all’Averno mai giunse!».
Questo io le dissi: cosí mi rispose la diva signora:
«O di Laerte figlio divino, scaltrissimo Ulisse,
darti non devi pensiero di alcuno che guidi la nave:
l’albero innalza, tendi sovr’esso le candide vele,
siediti poscia; e quella volerà col soffio di Bora.
Ma quando poi nel mezzo d’Ocèano sarà la tua nave,
quivi è la bassa spiaggia, qui son di Persèfone i boschi,
negri pioppi giganti, piangenti sterili salici.
Qui sui profondi gorghi d’Ocèano ferma la nave,
e tu stesso sprofonda nell’umida casa d’Avemo.
Nell’Acherònte qui Piriflegetonte si versa,
Cocito qui, ch’è ramo divelto dall’acque di Stige:
sotto una rupe insieme s’incontrano i fiumi mugghianti.
A questa rupe apprèssati, Ulisse, e fa’ ciò ch’io dico.
Scava una fossa che un braccio misuri per lungo e per largo,
e spargi a terra qui libagioni per tutti i defunti,
una di latte e di miele, un’altra di vino soave,
ed una terza d’acqua, cospargivi bianca farina.
Supplica quindi le fatue parvenze dei morti, e prometti
che, ritornato in patria, tu ad essi una intatta giovenca
immolerai, la piú bella, di doni colmando la pira.
Ed a Tiresia, a parte, prometti che un pecoro nero
immolerai, per lui solo, di tutto il gregge il piú bello
Poi, quando avrai le preci rivolte alle genti dei morti,
immola qui due pecore negre, una femmina e un maschio,
che con la fronte siano rivolti all’Èrebo. Indietro
tu torna allora, di nuovo rivolgiti al fiume corrente.
E molte anime qui venire vedrai di defunti.
Vòlgiti allora ai compagni, dà l’ordine ad essi che, prese
le vittime giacenti, sgozzate dal lucido bronzo,
l’ardano, dopo scoiate, e invochino i Numi d’Averno,
Ade possente, e Persèfone ignara di teneri sensi.
Sfodera poi dal fianco gagliardo l’aguzza tua spada,
piàntati lí, non lasciare le fatue parvenze dei morti
avvicinarsi al sangue, se prima Tiresia non parli.
Inclito Ulisse, e infine verrà l’indovino di Tebe,
che ti dirà la strada che batter dovrai, le distanze,
ed il ritorno, quale sarà per il mare pescoso».
Circe parlava ancora, che sorse l’Aurora divina.
Essa di vesti mi cinse, d’un manto e una tunica bella,
ed essa stessa indossò, la diva, un gran manto d’argento,
fine, tutto elegante, ai fianchi si strinse una zona
bella, tessuta d’oro, la fronte recinse di bende.
Ed io mossi per tutte le stanze a spronare i compagni,
presso a ciascuno d’essi sostando, con dolci parole:
«Piú non dormite, adesso, lasciale il soave sopore,
andiamo via, ché Circe la diva mi diede congedo».
Questo io dicevo; e i cuor prodi godevano a queste parole.
Ma senza lutto neppure di lì ricondussi i compagni.
C’era fra questi un Elpènore, ed era il piú giovin di tutti,
né molto prode alla guerra, né molto svegliato di mente.
Questo, aggravato di vino, bramoso di fresco, era andato
sopra l’altana a dormire, lontano da tutti. Ed udendo
muoversi gli altri compagni, le voci, il tumulto, riscosso
tutto d’un tratto, scordò da qual parte scendea l’alta scala:
mosse dal lato opposto, piombò giú dal tetto, ed il collo
gli si troncò dalle vèrtebre, e scese lo spirito all’Ade.
Quando poi tutti attorno mi furono, ad essi parlai:
«Voi vi credete forse d’andare alla patria diletta;
ma ben diversa è la strada che Circe ha prescritta per noi.
Ire alle case d’Averno dobbiam, di Persèfone cruda,
per consultar lo spirto del cieco indovino Tiresia».
Dissi; e nel petto quelli spezzar si sentirono il cuore.
E qui, seduti a terra, piangean, si strappavan le chiome
novellamente; e a nulla giovarono i loro lamenti.
E quando poi movemmo, col cruccio nel cuore, alla spiaggia
ed al veloce naviglio, versando gran copia di pianto,
Circe, venuta allora vicino alla cenila nave,
quivi ai banchi legò due pecore, femmina e maschio;
e niun quando passò la vide. Qual uomo potrebbe
scorgere un Nume che vada qua e là, quand’esso non voglia?”
Fine
II
Piccolo dizionario dei Nomi e dei Toponimi
1)Acheronte: era un fiume eponimo, considerato l’ingresso agli inferi e principale dei quattro fiumi dell’Ade: le anime potevano oltrepassarlo solo se i loro corpi fossero stati sepolti;
2) Averno: non gli dà un carattere di vero e proprio “regno” esteso, ma lo descrive solamente come una sfera fisica oscura e misteriosa, perlopiù preclusa ai viventi, dove soggiornano in eterno le ombre (e non le anime) degli uomini senza apparente distinzione tra ombre buone e ombre malvagie, e senza nemmeno un’assegnazione di pena o di premio in base ai meriti terreni;
3) Bora( o Borea) : nome dato dai Greci antichi al vento di nord. Nella rosa di otto venti usata da Aristotele (Meteor., II, 6, 363 b), porta il doppio nome di Βορέας καὶ ἀπαρκτίας. Più tardi ancora, nella rosa, pure di otto venti, di Eratostene e Posidonio, il nome di Borea indica il vento di nord-est e corrisponde all’Aquilo dei Latini (Vitruv., I, 6, 10; vento di nord-nord-est). Borea era riguardato dagli antichi come il re dei venti (Pind., Pyth., IV, 181), e il suo avvicinarsi destava apprensione e paura (Od., XIV, 253; 299). I poeti romani lo designano come saevus, crudelis, asper. Come tempo del suo arrivo s’indicava la fine dell’autunno; col suo giungere, apportava le nubi e le procelle, le piogge e le nevi dell’inverno. Luoghi di provenienza erano considerate varie regioni settentrionali: la Tracia, la Scizia, il Caucaso;
4) Cocito (gr. Κώκυτος) Uno dei fiumi infernali, secondo gli antichi, menzionato già da Omero; in esso sono immersi, secondo la descrizione del Fedone di Platone, i peccatori comuni. Il suo rapporto con l’Acheronte e il Piriflegetonte è variamente accennato in Omero e in Virgilio;
5) Elpenore: (gr. ᾿Ελπήνωρ): Nell’Odissea, uno dei compagni di Ulisse. Alla partenza di Ulisse dalla casa di Circe, si alza di fretta dal tetto dove, aggravato dal vino, si era messo a dormire e precipita, perdendo la vita. Rimasto insepolto, la sua ombra risale dall’Ade e prega Ulisse di dargli sepoltura (http://www.treccani.it/enciclopedia/elpenore/);
6) Erebo: (dal lat. Erĕbus, gr. ῎Ερεβος). – Nella mitologia greca, il tenebroso mondo sotterraneo, dimora dei defunti (http://www.treccani.it/vocabolario/erebo/);
7) Oceano: (gr. ᾿Ωκεανός) Divinità greca. Figlio di Urano e di Gea, forma con Teti sua sorella la più antica coppia di Titani, da cui sono generate tutte le acque del mondo…
O. è ‘origine degli dei’ (Iliade XIV, 201) e al tempo stesso luogo di comunicazione con il mondo dei morti; la collocazione in prossimità di O. di popoli mitologici come i Cimmerii, immersi nell’oscurità, manifesta il suo carattere di matrice universale e irrelativa dove possono anche coincidere Oriente e Occidente (http://www.treccani.it/enciclopedia/oceano_res-57d192cc-e1a5-11df-9ef0-d5ce3506d72e/);
8) Persefone : (gr. Περσεϕόνη) Divinità ctonia degli antichi Greci; regna nell’oltretomba, accanto al consorte Ade… ( http://www.treccani.it/enciclopedia/persefone/);
9) Piriflegetonte (Flegetonte) (gr. Φλεγέϑων) Nella mitologia greco-romana, fiume del mondo infero; col Cocito si unisce a formare l’Acheronte (http://www.treccani.it/enciclopedia/flegetonte/);
10) Stige: (Στύξ; Styx). – Fiume infernale dell’oltretomba greco e latino, e dell’inferno dantesco. Il nome in greco è femminile e, quando è inteso come una personificazione, indica una figlia della Notte e di Erebo (http://www.treccani.it/enciclopedia/stige/);
11) Tiresia: (gr. Τειρεσίας): Mitico indovino cieco, appartenente alla stirpe degli Sparti (i nati dalla terra, che si ritenevano i fondatori di Tebe). Compare già nell’Odissea, quando Ulisse, sceso nell’Ade, lo interroga e ne riceve profezie.
III
Testi di Consultazione:
1)Integrale dell’Odissea, tradotta da Ettore Romagnoli: https://it.wikisource.org/wiki/Odissea_(Romagnoli)
2) Il Decimo Canto, presentato nella nostra serie di 5 articoli, è qui consultabile nell’originale, meraviglioso Greco Antico di Omero : Odissea-Canto X (in Greco) http://www.poesialatina.it/_ns/Greek/testi/Homerus/Odyssea10.htm
3)Un’altra buona traduzione dell’Odissea è quella di Niccolò Delvinotti https://www.liberliber.it/mediateca/libri/h/homerus/odissea_traduzione_delvinotti/pdf/homerus_odissea.pdf
4) Celeberrimo l’Ulisse dantesco, di cui non si fa cenno nel nostro articolo, ma che è sempre istruttivo consultare, quando si parla di questo straordinario personaggio https://www.liberliber.it/mediateca/libri/a/alighieri/la_divina_commedia/pdf/la_div_p.pdf)