Joseph de Maistre (2)
Nelle lettere III e IV, che qui esaminiamo, Joseph de Maistre continua la propria analisi sull’Inquisizione Spagnola. Per le prime due lettere (I e II), rimandiamo all’articolo precedente( http://www.ilgrandeinquisitore.it/2018/07/joseph-de-maistre-1/).
Le argomentazioni dell’Autore sono- in molti aspetti-apologetiche, e spesso retoriche. La Storia ha chiarito i punti che sono l’oggetto della polemica di de Maistre, e ne parleremo in conclusione di questo articolo.
L’Inquisizione Spagnola, convenzionalmente, si ritiene inizi con il 1114 e termina nel 1813, con il Decreto di scioglimento, deciso dalle Cortés di Spagna, nel 1813.
De Maistre ha ragione nel chiedere che l’Inquisizione Spagnola non sia demonizzata. Tuttavia, non si può neanche farne l’Apologia. Su ciò gli Storici sono concordi.
In questo articolo, presentiamo due grandi fatti storici, che si sono svolti, mentre era ancora attiva l’Inquisizione:
1) la strage che i Coloni misero in atto contro i Nativi Americani, a partire dal secolo XV e fino a tutto il XVII;
2) lo sterminio in Vandea, durante il “Grande Terrore” Giacobino (1793-1794). Perché?
“… (La Storia è una) …esposizione ordinata di fatti e avvenimenti umani del passato, quali risultano da un’indagine critica volta ad accertare sia la verità di essi, sia le connessioni reciproche per cui è lecito riconoscere in essi un’unità di sviluppo…) (http://www.treccani.it/vocabolario/storia/).
Dunque è sbagliato giudicare un fatto storico, trasformandolo in un assoluto, o in archetipo. Se dell’Inquisizione Spagnola si devono stigmatizzare le persecuzioni e le condanne contro i dissenzienti/eretici, altrettanto si deve fare per casi analoghi, avvenuti nelle stesse epoche e località, e perciò comparabili.
I) Testo di Joseph de Maistre (Lettera IV :pagine 95-101) :
1) “…a Madrid …una donna scellerata …aveva truffato molte persone…attraverso una esibita pietà eroica, che mascherava l’ipocrisia più raffinata. Aveva come preteso direttore (spirituale), ma in realtà come complice effettivo, un monaco che era più scellerato di lei. Anche un vescovo fu ingannato, e la capacità criminale di quella donna arrivò al punto che lei, simulando un’infermità che l’avrebbe costretta a letto, ottenne-con il concorso di un prete ingannato-dal Papa, di poter conservare il Santissimo nella propria camera, dove si abbandonava ai commerci più infami… L’Inquisizione fece trasferire altrove la donna, condannò il complice-non alla pena capitale-e salvaguardò la reputazione del prelato che era stato raggirato…” (Lettera III; p.90-91); Storia dell’Inquisizione Spagnola (https://rua.ua.es/dspace/bitstream/10045/52998/1/tesis_candela_oliver.pdf) (in Spagnolo)
2) “…Voi osservate: la Guerra dei 30 anni fu scatenata dalle Tesi di Lutero; gli inauditi eccessi degli Anabattisti e dei contadini; le guerre civili in Francia, Inghilterra e nelle Fiandre; il massacro di San Bartolomeo, quello di Merindol, e quello delle Cévennes; l’assassinio di Maria Stuarda, di Enrico III, di Enrico IV, di Carlo I, del principe d’Orange, etc etc. Una nave galleggerebbe sul sangue che i …novatori hanno fatto spandere. Mentre l’Inquisizione ha versato il sangue solo di questi novatori…Il punto non è di sapere se l’Inquisizione ha prodotto il tale abuso o il talaltro…si tratta di sapere se- negli ultimi tre secoli (XVI-XVII-XVIII), a motivo dell’Inquisizione, ci sia stata più pace e benessere in Spagna, che negli altri Paesi Europei…Il Sant’Uffizio, con circa 60 processi in un secolo, ci ha risparmiato lo spettacolo di un cumulo di cadaveri che supererebbe in altezza le Alpi…”
II) Storia Comparata:
1) La scoperta delle Americhe:
A) “…Per ottenere l’oro, gli Spagnoli avevano bisogno delle conoscenze e del lavoro degli Indiani, e perciò gli Spagnoli li sottomisero in schiavitù, con la violenza. Così li costrinsero in catene…” (http://americanhistory.oxfordre.com/view/10.1093/acrefore/9780199329175.001.0001/acrefore-9780199329175-e-3)
B) “…Se il genocidio è definito dal numero delle vittime, la Storia dei Nativi Americani pare essere uno dei genocidî più grandi mai registrati. Anche se c’é disaccordo sui numeri, c’è un dato certo, ed é il seguente: la differenza tra la popolazione prima e dopo la conquista dell’America dimostra che quella perdita di popolazione non ha avuto precedenti nella Storia dell’Uomo (Dobyns, 1983, and Stannard, 1992). Da un puro computo numerico, risulta che quello dei Nativi Americani “é” l’archetipo di ogni genocidio. Però, poiché a definire il genocidio, deve esserci anche <l’intento di distruggere una determinata popolazione in quanto tale>, allora la definizione non è più soddisfacente. (http://digitalcommons.unl.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1034&context=historydiss)
C) Un esempio di un evento genocida è, nel campo della Storiografia, il Massacro di Sand Creek, nel 1864. La mattina del 29 novembre 1864, il III Cavalleggeri del Colorado, comandato dal Colonnello John M. Chivington, attaccò -nel sonno-l’accampamento del Capo Cheyenne ed Arapaho, Motavato (Pentola Nera). In conseguenza dell’attacco, un gran numero di inermi Nativi Americani, uomini, donne, bambini, furono uccisi e i loro corpi furono mutilati dagli uomini di Chivington. Questo evento orribile è stato molto studiato dagli Storici, per gli ordini dati dal Governatore del Colorado- John Evans- a Chivingston, Capo del III Cavalleggeri per 100 giorni. Evans ordinò di <uccidere e distruggere, come nemici, dovunque essi fossero, tutti questi Indiani ostili “ (U.S. Congress, House of Representatives, 1865, p. 47). In seguito, è stato riportato che Chivington ribadì questi comandi, esprimendo l’intento di <uccidere e scotennare tutti questi idioti e parassiti>” (U.S. Congress, Senate, 1865, p. 71).
2) La Rivolta della Vandea (1793-1815): (http://www.treccani.it/enciclopedia/vandea/)
A) Il 23 maggio 1993, invitato dal presidente del Consiglio della Vandea, Pierre de Villiers, Aleksandr Solzenicyn, a Le Lucs sur Boulogne (Vandea) tenne il seguente discorso commemorativo. Al link qui di seguito, trovate anche la traduzione in Italiano – (http://www.editorialeilgiglio.it/storia-vandea-6-il-percorso-della-rivoluzione/)
«M. le président du Conseil général de la Vendée, chers Vendéens,
Il y a deux tiers de siècle, l’enfant que j’étais lisait déjà avec admiration dans les livres les récits évoquant le soulèvement de la Vendée, si courageux, si désespéré. Mais jamais je n’aurais pu imaginer, fût-ce en rêve, que, sur mes vieux jours, j’aurais l’honneur inaugurer le monument en l’honneur des héros des victimes de ce soulèvement.
Vingt décennies se sont écoulées depuis: des décennies diverses selon les divers pays. Et non seulement en France, mais aussi ailleurs, le soulèvement vendéen et sa répression sanglante ont reçu des éclairages constamment renouvelés. Car les événements historiques ne sont jamais compris pleinement dans l’incandescence des passions qui les accompagnent, mais à bonne distance, une fois refroidis par le temps.
Longtemps, on a refusé d’entendre et d’accepter ce qui avait été crié par la bouche de ceux qui périssaient, de ceux que l’on brûlait vifs, des paysans d’une contrée laborieuse pour lesquels la Révolution semblait avoir été faite et que cette même révolution opprima et humilia jusqu’à la dernière extrêmité.
Eh bien oui, ces paysans se révoltèrent contre la Révolution. C’est que toute révolution déchaîne chez les hommes, les instincts de la plus élémentaire barbarie, les forces opaques de l’envie, de la rapacité et de la haine, cela, les contemporains l’avaient trop bien perçu. Ils payèrent un lourd tribut à la psychose générale lorsque fait de se comporter en homme politiquement modéré – ou même seulement de le paraître – passait déjà pour un crime.
C’est le XXe siècle qui a considérablement terni, aux yeux de l’humanité, l’auréole romantique qui entourait la révolution au XVIIIe. De demi-siècles en siècles, les hommes ont fini par se convaincre, à partir de leur propre malheur, de que les révolutions détruisent le caractère organique de la société, qu’elles ruinent le cours naturel de la vie, qu’elles annihilent les meilleurs éléments de la population, en donnant libre champ aux pires. Aucune révolution ne peut enrichir un pays, tout juste quelques débrouillards sans scrupules, sont causes de mort innombrables, d’une paupérisation étendue et, dans les cas les plus graves, d’une dégradation durable de la population.
Le mot révolution lui-même, du latin revolvere, signifie rouler en arrière, revenir, éprouver à nouveau, rallumer. Dans le meilleur des cas, mettre sens dessus dessous. Bref, une kyrielle de significations peu enviables. De nos jours, si de par le monde on accole au mot révolution l’épithète de «grande», on ne le fait plus qu’avec circonspection et, bien souvent, avec beaucoup d’amertume. Désormais, nous comprenons toujours mieux que l’effet social que nous désirons si ardemment peut être obtenu par le biais d’un développement évolutif normal, avec infiniment moins de pertes, sans sauvagerie généralisée. II faut savoir améliorer avec patience ce que nous offre chaque aujourd’hui. Il serait bien vain d’espérer que la révolution puisse régénérer la nature humaine. C’est ce que votre révolution, et plus particulièrement la nôtre, la révolution russe, avaient tellement espéré.
La Révolution française s’est déroulée au nom d’un slogan intrinsèquement contradictoire et irréalisable : liberté, égalité, fraternité. Mais dans la vie sociale, liberté et égalité tendent à s’exclure mutuellement, sont antagoniques l’une de l’autre! La liberté détruit l’égalité sociale – c’est même là un des rôles de la liberté -, tandis que l’égalité restreint la liberté, car, autrement, on ne saurait y atteindre. Quant à la fraternité, elle n’est pas de leur famille. Ce n’est qu’un aventureux ajout au slogan et ce ne sont pas des dispositions sociales qui peuvent faire la véritable fraternité. Elle est d’ordre spirituel.
Au surplus, à ce slogan ternaire, on ajoutait sur le ton de la menace : «ou la mort», ce qui en détruisait toute la signification. Jamais, à aucun pays, je ne pourrais souhaiter de grande révolution. Si la révolution du XVIIIe siècle n’a pas entraîné la ruine de la France, c’est uniquement parce qu’eut lieu Thermidor.
La révolution russe, elle, n’a pas connu de Thermidor qui ait su l’arrêter. Elle a entraîné notre peuple jusqu’au bout, jusqu’au gouffre, jusqu’à l’abîme de la perdition. Je regrette qu’il n’y ait pas ici d’orateurs qui puissent ajouter ce que l’expérience leur a appris, au fin fond de la Chine, du Cambodge, du Vietnam, nous dire quel prix ils ont payé, eux, pour la révolution. L’expérience de la Révolution française aurait dû suffire pour que nos organisateurs rationalistes du bonheur du peuple en tirent les leçons. Mais non ! En Russie, tout s’est déroulé d’une façon pire encore et à une échelle incomparable.
De nombreux procédés cruels de la Révolution française ont été docilement appliqués sur le corps de la Russie par les communistes léniniens et par les socialistes internationalistes. Seul leur degré d’organisation et leur caractère systématique ont largement dépassé ceux des jacobins. Nous n’avons pas eu de Thermidor, mais – et nous pouvons en être fiers, en notre âme et conscience – nous avons eu notre Vendée. Et même plus d’une. Ce sont les grands soulèvements paysans, en 1920-21. J’évoquerai seulement un épisode bien connu: ces foules de paysans, armés de bâtons et de fourches, qui ont marché sur Tanbov, au son des cloches des églises avoisinantes, pour être fauchés par des mitrailleuses. Le soulèvement de Tanbov s’est maintenu pendant onze mois, bien que les communistes, en le réprimant, aient employé des chars d’assaut, des trains blindés, des avions, aient pris en otages les familles des révoltés et aient été à deux doigts d’utiliser des gaz toxiques. Nous avons connu aussi une résistance farouche au bolchévisme chez les Cosaques de l’Oural, du Don, étouffés dans les torrents de sang. Un véritable génocide.
En inaugurant aujourd’hui le mémorial de votre héroïque Vendée, ma vue se dédouble. Je vois en pensée les monuments qui vont être érigés un jour en Russie, témoins de notre résistance russe aux déferlements de la horde communiste. Nous avons traversé ensemble avec vous le XXe siècle. De part en part un siècle de terreur, effroyable couronnement de ce progrès auquel on avait tant rêvé au XVIIIe siècle. Aujourd’hui, je le pense, les Français seront de plus en plus nombreux à mieux comprendre, à mieux estimer, à garder avec fierté dans leur mémoire la résistance et le sacrifice de la Vendée».
Aleksandr Solzenicyn
(http://www.editorialeilgiglio.it/storia-vandea-6-il-percorso-della-rivoluzione/)
B) I morti della Vandea furono dai 100.000 ai 600.000:
“Al termine della guerra, il generale francese Joseph Westermann spedì una breve lettera al Comitato di salute pubblica: <Non c’è più nessuna Vandea. Secondo gli ordini che mi avete dato, ho massacrato i bambini sotto i cavalli e le donne non daranno più alla luce briganti. Non ho prigionieri. Li ho sterminati tutti>. Sembra un inveramento delle parole pronunciate negli anni del Terrore dal celebre moralista Chamfort: <La Rivoluzione è un cane randagio che nessuno osa fermare>. ((https://www.ilfoglio.it/articoli/2013/03/18/news/il-massacro-dei-lumi-54745/).
Fine della Seconda Parte
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