Tacito è con noi (11)
Congiura dei Pisoni, anno 65 d.C. La repressione delirante di Nerone e Tigellino ha colpito Lucio Anneo Seneca, e ha risparmiato in extremis, e con crudele imponderabilità, la di lui moglie Pompea Sabina. In questo articolo, descriviamo l’estendersi della repressione, che diventa universale, efferata, e delirante. Il tribuno Subrio Flavo, arrestato su delazione, viene interrogato da nerone in persona. Flavo, non solo non si sente intimorito, ma- con coraggio da uomo d’arme- nega di essersi potuto associare a una Congiura fatta da uomini così corrotti e imbelli. Poi, conscio che l’interrogatorio corrisponde alla condanna, manifesta il proprio disprezzo verso l’Imperatore, matricida, uxoricida, auriga, istrione, e incendiario. La scena della decapitazione del valoroso Subrio Flavo è una delle più angoscianti pagine di Storia mai scritte! Si può risalire agli altri articoli sull’argomento andando a ritroso attraverso il link (http://www.ilgrandeinquisitore.it/wp-admin/post.php?post=3191&action=edit ).
[66] Ceterum militaris quoque conspiratio non ultra fefellit, accensis [quoque] indicibus ad prodendum Faenium Rufum, quem eundem conscium et inquisitorem non tolerabant. ergo instanti minitantique renidens Scaevinus neminem ait plura scire quam ipsum, hortaturque ultro redderet tam bono principi vicem. non vox adversum ea Faenio, non silentium, sed verba sua praepediens et pavoris manifestus, ceterisque ac maxime Cervario Proculo equite Romano ad convincendum eum conisis, iussu imperatoris a Cassio milite, qui ob insigne corporis robur adstabat, corripitur vinciturque.
Del resto, la cospirazione militare non restò a lungo segreta, poiché gli accusatori erano di consegnare Fenio Rufo, in quanto non tolleravano che fosse complice e al contempo pubblico accusatore nel processo. Perciò, a lui che interrogando minacciava, Scevino-sogghignando- disse che nessuno ne sapeva più di lui stesso, e lo invitò a ricambiare nel modo dovuto un Principe tanto benevolo. Al che Fenio non replicò, né tacque, ma balbettando palesò la propria paura. Mentre tutti gli altri, e specialmente il cavaliere romano Cervario Proculo, si sforzavano di metterlo in confusione, su ordine dell’Imperatore venne catturato e messo in ceppi dal soldato Cassio, scelto per la sua forza fisica a fargli da guardia.
[67] Mox eorundem indicio Subrius Flavus tribunus pervertitur, primo dissimilitudinem morum ad defensionem trahens, neque se armatum cum inermibus et effeminatis tantum facinus consociaturum; dein, postquam urgebatur, confessionis gloriam amplexus interrogatusque a Nerone, quibus causis ad oblivionem sacramenti processisset, “oderam te,” inquit. “nec quisquam tibi fidelior militum fuit, dum amari meruisti: odisse coepi, postquam parricida matris et uxoris, auriga et histrio et incendiarius extitisti.” ipsa rettuli verba, quia non, ut Senecae, vulgata erant, nec minus nosci decebat militaris viri sensus incomptos et validos. nihil in illa coniuratione gravius auribus Neronis accidisse constitit, qui ut faciendis sceleribus promptus, ita audiendi quae faceret insolens erat. poena Flavi Veianio Nigro tribuno mandatur. is proximo in agro scrobem effodi iussit, quam Flavus ut humilem et angustam increpans, circumstantibus militibus, “ne hoc quidem,” inquit, “ex disciplina.” admonitusque fortiter protendere cervicem, “utinam,” ait “tu tam fortiter ferias!” et ille multum tremens, cum vix duobus ictibus caput amputavisset, saevitiam apud Neronem iactavit, sesquiplaga interfectum a se dicendo.
In seguito, e su denuncia dei medesimi, viene distrutto il tribuno Subro Flavo che, in un primo momento, addusse a propria difesa i modi diversi di vivere, e (disse) che lui non si sarebbe mai consociato in un’impresa con dei vigliacchi e degli effeminati. Poi, messo alle strette dall’interrogatorio, fece la scelta gloriosa di confessare. Interrogato da Nerone, per quali ragioni avesse deciso di tradire il propri giuramento, aggiunse: ”Ti odiavo, ma -finché meritasti di essere amato, nessun soldato ti fu più fedele. Cominciai a disprezzarti dopo che sei diventato assassino di tua madre e di tua moglie, auriga, istrione e incendiario”. Ho riportato le parole precise, perché non sono state così largamente divulgate come quelle di Seneca, e (perché) non era giusto che fossero dimenticate le parole brutali e schiette di un militare. Certo è che-in tutta la congiura- niente fu più grave per le orecchie di Nerone che, sempre prono ai delitti, non era abituato a sentirsi rinfacciare le proprie malefatte. Viene incaricato di dare esecuzione alla condanna capitale contro Flavo, il tribuno Veianio Nigro il quale ordinò che si scavasse una buca in un campo vicino. Flavo, al vedere la buca, si lamentò che fosse troppo stretta e poco profonda, e ordinò ai soldati che erano presenti: “Neanche questo è secondo la disciplina (militare)”. Richiamato con forza a porgere il collo, esclamò:” Almeno tu fossi capace di vibrare il colpo con altrettanta fermezza”. Quegli (Nigro) era così tremante che riuscì a tagliare il collo solo al secondo colpo. Poi se ne vantò con Nerone, come prova della propria ferocia, vantandosi di averlo ammazzato con un colpo e mezzo.
[68] Proximum constantiae exemplum Sulpicius Asper centurio praebuit, percunctanti Neroni, cur in caedam suam conspiravisset, breviter respondens non aliter tot flagitiis eius subveniri potuisse. tum iussam poenam subiit. nec ceteri centuriones in perpetiendis suppliciis degeneravere: at non Faenio Rufo par animus, sed lamentationes suas etiam in testamentum contulit. Opperiebatur Nero, ut Vestinus quoque consul in crimen traheretur, violentum et infensum ratus, sed ex coniuratis consilia cum Vestino non miscuerant quidam vetustis in eum simultatibus, plures, quia praecipitem et insociabilem credebant. ceterum Neroni odium adversus Vestinum ex intima sodalitate coeperat, dum hic ignaviam principis penitus dognitam despicit, ille ferociam amici metuit, saepe asperis facetiis inlusus, quae ubi multum ex vero traxere, acrem sui memoriam relinquunt. accesserat repens causa, quod Vestinus Statiliam Messalinam matrimonio sibi iunxerat, haud nescius inter adulteros eius et Caesarem esse.
Una prova simile di forza di carattere diede poco dopo il centurione Sulpicio Afro. A Nerone che lo interrogava sul perché avesse congiurato per ucciderlo, rispose seccamente che non si era trovato altro mezzo, per porre termine alle sue scelleratezze. Quindi subì il castigo inflittogli. Neanche gli altri centurioni si mostrarono inferiori nel sopportare i tormenti, mentre Fenio Rufo fu inferiore ad essi nel coraggio, perché versò le lacrime anche nel testamento. Nerone attendeva con ansia che anche il console Vestino fosse coinvolto nelle accuse, poiché lo riteneva violento ed ostile. Ma i congiurati non avevano messo a parte dei loro piani, Vestino, alcuni per vecchi rancori contro di lui, altri-più numerosi-perché lo ritenevano avventato e asociale. In ogni modo, l’odio di Nerone contro Vestino aveva avuto origine dalla loro stessa frequentazione. Questi infatti-conscio della codardia dell’Imperatore- lo disprezzava; quegli, temeva l’animo fiero dell’amico, da cui -spesso- era stato dileggiato con aspre prese in giro. Queste, anche quando sono giustificate, lasciano tuttavia un ricordo sgradevole. Un altro motivo di contrasto si era aggiunto, in quanto Vestino aveva sposato Statilia Messalina (che diventerà la terza moglie di Nerone; NdT) , pur sapendo che fra i suoi amanti c’era proprio il Cesare.
Fine Undicesima Parte
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