Tacito è con noi
(Prima Parte)
Publio Cornelio Tacito, in questo passo degli “Annales” fa delle considerazioni di Filosofia Politica. Essendo-more solito- sintetico e molto chiaro, gli lasciamo la parola su qual é la migliore forma di governo. Come si capisce chiaramente, Tacito non ha alcuna forma di “statolatria”, ma una profonda comprensione dei fatti storici.
Nam cunctas nationes et urbes populus aut primores aut singuli regunt: delecta ex iis et consociata rei publicae forma laudari facilius quam evenire, vel si evenit, haud diuturna esse potest.
(Tutti le nazioni e le città sono governate o dal popolo, o dagli ottimati, o da un monarca. Scegliere il meglio di queste forme, e associarle è più facile da dire, che da realizzare. E anche quando si riesca, questa forma miscellanea è destinata a una durata breve).
Igitur ut olim plebe valida, vel cum patres pollerent, noscenda vulgi natura et quibus modis temperanter haberetur, senatusque et optimatium ingenia qui maxime perdidicerant, callidi temporum et sapientes credebantur, sic converso statu neque alia re Romana quam si unus imperitet, haec conquiri tradique in rem fuerit, quia pauci prudentia honesta ab deterioribus, utilia ab noxiis discernunt, plures aliorum eventis docentur. ceterum ut profutura, ita minimum oblectationis adferunt. (In passato, con il potere in mano al popolo, o con il predominio del senato, era necessario conoscere la natura del popolo, e i modi per tenerla a freno. Quelli che avevano meglio studiato meglio l’indole del Senato e degli Ottimati, venivano reputati astuti e sapienti. Ora – invece- che la natura del governo in Roma non è diversa dal potere di uno (cioè da una monarchia), vale la pena di tramandare questi fatti, perché pochi distinguono con la propria intelligenza l’onesto dal disonesto, l’utile dal dannoso. La maggior parte vengono istruiti sui fatti altrui (cioè quelli fuori Roma). Del resto, se questa narrazione riuscirà utile, non sarà certo piacevole).
Nam situs gentium, varietates proeliorum, clari ducum exitus retinent ac redintegrant legentium animum: nos saeva iussa, continuas accusationes, fallaces amicitias, perniciem innocentium et easdem exitii causas coniungimus, obvia rerum similitudine et satietate. tum quod antiquis scriptoribus rarus obtrectator, neque refert cuiusquam Punicas Romanasne acies laetius extuleris: at multorum qui Tiberio regente poenam vel infamias subiere posteri manent. utque familiae ipsae iam extinctae sint, reperies qui ob similitudinem morum aliena malefacta sibi obiectari putent. etiam gloria ac virtus infensos habet, ut nimis ex propinquo diversa arguens. sed ad inceptum redeo. (Sono le descrizioni di paesi, il vario aspetto delle battaglie, la morte gloriosa dei comandanti ad avvincere l’attenzione dei lettori, tenendola desta; noi invece allineiamo ordini dispotici, denunce senza fine, amicizie ingannevoli, la messa a morte di innocenti e cause sempre identiche di rovina, in una ineludibile monotonia di vicende, non senza noia. Di più: capita raramente di sentir denigrare gli storici antichi, e nessuno se la prende se ha ricevuto più lodi l’esercito di Roma o quello di Cartagine; nel nostro caso invece rimangono i discendenti di molti che, quando Tiberio reggeva lo stato, subirono pene e condanne infamanti. E, quand’anche le loro famiglie siano estinte, troverai sempre chi, per somiglianza di vita, penserà che ricordare i misfatti altrui sia come rinfacciarli a loro. Anche la gloria e la virtù creano nemici, quasi che, parlando di un tempo troppo vicino, si intenda mettere sotto accusa i comportamenti contrari. Ma torno al mio tema). – Tacito (Annali) (https://la.wikisource.org/wiki/Ab_excessu_divi_Augusti_(Annales)
IV:33 – La miglior forma di governo
Fine Prima Parte
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