“Li dui fratielle”, del Pentamerone (Lo Cunto de li Cunti) di G.B.Basile (2, IV giornata) (I Parte): Marcuccio e Parmiero sono fratelli, ma uno è ricco e pieno di vizi e l’altro è pieno di virtù e poverissimo. Dopo molte vicende, il povero è cacciato dal ricco e diventa barone e il ricco, caduto in miseria, è portato alla forca , ma riconosciuto innocente, il fratello divide con lui le sue ricchezze.
Il racconto è una variazione sul tema della fortuna e della virtù. Così l’Autore introduce la materia :
«Non c’è chiù gran parapietto contro l’assaute de la Fortuna quanto la Virtù, la quale è contravenino de le desgrazie, pontella de le roine, puorto de li travaglie, la quale te caccia da lo fango, te sarva da le tempeste, te guarda le male sciagure, te conforta ne li desguste, te soccorre nelle necessità, te defenne ne la Morte…”.
“ Non c’è parapetto più resistente agli assalti della fortuna quanto la virtù, che è contravveleno alle disgrazie, stampella contro le rovine, porto nelle difficoltà, e via di uscita dal fango. (La virtù) ti salva dalle tempeste, ti protegge dagli accidenti, ti conforta nelle amarezze, ti soccorre nelle necessità, ti difende davanti alla morte…”.
L’argomento non è originale, anzi è una costante della letteratura di ogni epoca. “Li dui fratielle” del Pentamerone di Giambattista Basile, di cui scriviamo in questo articolo, è interessante perché la vicenda viene scandita dalla cultura sapienziale dei proverbi. Il racconto è, di fatto, una silloge di proverbi della tradizione mediterranea, al punto che alcuni di questi proverbi sono ancora citati nella tradizione popolare dell’Europa Meridionale.
Per il testo della novella, va’ al link seguente :
– http://www.mftd.org/index.php?action=story&id=3550.
Per il testo integrale del “Pentamerone” o “Lo Cunto de li Cunti” di G.B. Basile, con l’Introduzione di Benedetto Croce va’ ai link seguenti:
– http://www.salvatorelagrassa.eu/
oppure :
– http://www.letteraturaitaliana.net./autori/b.htm.
1.( Napoletano, N.): No ve facite scannare da la potroneria, crescennove comm’a puorce a lo pontile: chi striglia lo cavallo suio non se pò chiammare muzzo de stalla; besogna aiutarese a cauce ed a muorze; chi ped autro lavora pe sé mannuca. 1. (Italiano, I.) : Non fatevi strozzare dalla pigrizia, crescendo come porci alla mangiatoia: chi striglia il suo cavallo non è garzone da stalla; è necessario farsi avanti a calci e morsi; chi lavora per un altro mangia per se stesso.
- (N.): Sparagnate quanno ne avite: chi sparagna guadagna; a cavallo a cavallo se fa lo tornese; chi stipa trova; chi ha de donne bona foglia conne; stipate che pappe e non fare che sfacce, ca buone so’ l’ammice e li pariente, trista la casa dove non c’è niente; chi ha denare fraveca e chi ha biento naveca e chi n’ha denare è no paputo e n’aseno, che d’ogne tiempo le piglia lo spasemo; e però, amico mio cortese, comm’hai la ’ntrata cossì fà le spese; culo quanto cuopre terra quanto uoseme; comme te siente cossì mena li diente; la cucina picciola fa la casa granne.
2. (I.) : Risparmiate quando ne avete: chi risparmia guadagna; soldo più soldo si fanno i denari; chi conserva trova; chi ne ha i mezzi condisce una buona insalata; accumula per mangiare, e non fare e disfare, perché i parenti e gli amici sono buoni, ma sventurata è la casa non c’è niente; chi denari fabbrica, chi ha vento naviga, ma chi non ha denari è un pupazzo e un asino, che ad ogni attimo lo prende il malanno; e per questo, amico cortese, come sono le entrate, così sono le spese; culo quanto ne vedi, e terra quanta ne odori; come ti senti, così manovra i denti; la cucina piccola fa la casa grande.3. (N.) : Non essere troppo chiacchiarone, ca la lengua non have uosso e rompe lo duosso: aude, vide e tace, si vuoi vivere ’m pace; chello che te vide vide, chello che te siente siente; poco magnare, poco parlare; caudo de panne maie fece danno; chi troppo parla spisso falla.
3. (I.): Non parlare troppo, perché la lingua non ha osso, ma rompe l’osso; osserva e taci, se vuoi vivere in pace; ciò che hai sentito, hai sentito (cioè non inventare ciò che non è vero); mangia poco, e parla poco; caldo di panno non fa danno; chi parla troppo, sbaglia troppo.
La sequela dei proverbi di questa novella è molto lunga, perciò l’articolo è stato suddiviso in quattro parti, di cui la presente è la prima parte. Continua
C’è un articolo precedente, ne “ilGrandeInquisitore.it”, dedicato a “Lo Cunto de li Cunti”, che puoi trovare nel Blog.