L’étranger

1) Mersault (non viene mai rivelato il nome), un impiegato francese in un non altrimenti precisato ufficio in Algeri, un giovedì riceve la notizia della morte dell’anziana madre, ospite da tre anni di una casa di riposo a circa 30 Km dalla città; chiede un permesso, e si reca alla casa di riposo per i funerali, che hanno luogo il giorno dopo, venerdì;

2) Sabato, Mersault è di ritorno nella propria casa in Algeri, e vi rimane per il fine settimana. Sempre il Sabato, va su una spiaggia vicina, per rinfrescarsi con un bagno di mare. Qui incontra Marie Cardona, ex dattilografa nell’ufficio del Nostro. Di lei, Mersault scrive: “J’ai retrouvé dans l’eau Marie Cardona, une ancienne dactylo de mon bureau, dont j’avais eu envie à l’époque. Elle aussi, je crois….” . . La sera del Sabato, i due vanno a vedere un film di Fernandel !
( I Settimana)

L'étranger

” L’étranger “. l’elegante copertina della edizione Gallimard

1) Il giorno dopo, Domenica, Mersault rimane solo, perché Marie va a trovare una zia;
2) Lunedì:
A) ritorno in ufficio;
B) la sera, incontro con Salamano che è con il proprio cane. Salamano è un coinquilino di Mersault;
C) subito dopo, sulle scale di casa, incontro con l’altro coinquilino Raymond Sintès, di professione < prosseneta>;
D) Raymond lo invita in casa, e gli racconta che una donna lo ha tradito. Si tratta, in realtà, di una prostituta che avrebbe fatto uno sgarbo a Raymond;
E) Raymond Sintès, definendosi illetterato, chiede al coinquilino di scrivere per lui una lettera alla donna, in invitarla a tornare. In realtà, il prosseneta vuole mettere le mani addosso alla donna, per punirla della sgarro;
5) Sabato :
A) I due amanti vanno di nuovo al mare, e stanno insieme anche la notte e la  Domenica. Ecco come Mersault presenta questa relazione: “…elle m’a demandé si je l’amais. Je lui ai répondu que cela ne voulait rien dire, mais qu’il semblait que  non… » ( !) ;
B) Raymond riceve la visita della donna a cui ha fatto scrivere la lettera, e la punisce con gravi percosse. Interviene un gendarme, e Raymod viene invitato a presentarsi alla stazione di polizia; C) Mersault accetta di accompagnarlo, come testimone a discarico (!) ;
D) il cane di Salamano, stanco anch’esso delle percosse del padrone, fugge e non viene più trovato;
(II Settimana)

L'étranger

L’étranger : la domenica pomeriggio di Mersault

1) Durante la settimana, una sera, Marie va a trovare l’amante e gli chiede di sposarla. Ecco la risposta del nostro eroe: «  J’ai dit que cela m’était égal et que nous pourrions le faire, si elle le voulait…j’ai répondu que sans doute je ne l’aimais pas…je lui ai expliqué que …c’était elle qui me le demandait et moi je me contentais di dire oui…ella a murmuré que j’étais bizarre, qu’elle m’aimait sans doute à cause de cela, mais que peut- être un jour je la dégoûterais pour les mêmes raisons … »;
2) Raymond invita Mersault e Marie al mare, ad un capanno di un proprio amico, Masson, e della di lui moglie;
3) I due amanti e Raymond vedono vicino al portone di casa un gruppo di Arabi, di cui sospettano intenzioni non amichevoli, e si affrettano a prendere la corriera per il mare;
4) I cinque pranzano alla ore 11,30. Le due donne rimangono a governare la casa, e i tre uomini vanno a fare una passeggiata sulla spiaggia, dove incontrano due Arabi, uno dei quali è riconosciuto da Raymond come fratello della donna da lui appena picchiata a sangue. C’è una colluttazione, che si conclude con due feriti: il prosseneta Sintès, e uno dei due Arabi;
5) Dopo essersi fatto medicare da un medico, Raymond chiede ai due amici di accompagnarlo di nuovo in spiaggia (!), dove incontrano di nuovo i due Arabi. Intanto, Mersault prende in custodia (!) la pistola di Raymond, per impedirgli di < sparare a sangue freddo>. I tre tornano al capanno, ma infine Mersault, dicendosi ancora stordito dal vino, dalle sigarette e dal caldo, torna a passeggiare sulla spiaggia;
6) Qui incontra il rivale di Raymond, che a sembra sfoderare un coltello con intenzioni ovviamente ostili. Preso dal panico, gli spara (con la pistola di Raymond!), uccidendolo. Ancora sotto choc, spara addosso al corpo ormai inerme a terra, altri quattro colpi di pistola;
7) Mersault è arrestato e processato. Durante il processo, alquanto sommario, per la verità, “L’étranger” non sa/vuole motivare niente delle proprie azioni, e pertanto la Giuria lo condanna alla ghigliottina. Con questo suo comportamento, il nostro eroe si <gioca> ogni possibile circostanza attenuante. Perché è sommario il processo? Perché, anche escludendo tutte le possibili circostanze attenuanti, il delitto non può certo essere considerato un omicidio di I grado ma, al peggio, un omicidio colposo, non passibile di condanna capitale! 8) Mentre attende che la sentenza sia eseguita, Mersault, dopo avergli opposto diversi rifiuti, riceve la visita del Cappellano del carcere, che insulta, prende per la gola, e caccia in malo modo! Comportamento invero alquanto letterario, perché nella realtà è difficile immaginare un condannato a morte, costretto ad attendere in solitudine il momento dell’esecuzione capitale, e che rifiuti in maniera così sgarbata e villana la parola di conforto di un altro essere umano!
(III Settimana) .

L'étranger

L’étranger : l’arresto di Mersault

Tutta la vicenda di “L’étranger” , dalla notizia della morte di Madame Mersault, fino all’uccisione dell’Arabo, dura 17 giorni!

Albert Camus scrisse così nella prefazione all’edizione americana di “L’étranger” (Excusatio non petita, accusatio manifesta) :”… J’ai résumé « L’Étranger », il y a longtemps, par une phrase dont je reconnais qu’elle est très paradoxale : ‘Dans notre sociéte tout homme qui ne pleure pas à l’enterrement de sa mère risque d’être condamné à mort.’Je voulais dire seulement que le héros du livre est condamné parce qu’il ne joue pas le jeu. En ce sens, il est étranger à la société ou il vit, il erre, en marge, dans les faubourgs de la vie privée, solitaire, sensuelle. Et c’est pourquoi des lecteurs ont été tenté de le considérer comme une épave. Meursault ne joue pas le jeu. La réponse est simple: il refuse de mentir. …On ne se tromperait donc pas beaucoup en lisant dans L’Étranger l’histoire d’un homme qui, sans aucune attitude héroïque, accepte de mourir pour la vérité. Meursault pour moi n’est donc pas une épave, mais un homme pauvre et nu, amoureux du soleil qui ne laisse pas d’ombres. Loin qu’il soit privé de toute sensibilité, une passion profonde, parce que tenance l’anime, la passion de l’absolu et de la vérité. Il m’est arrivé de dire aussi, et toujours paradoxalement, que j’avais essayé de figurer dans mon personnage le seul christ que nous méritions.
On comprendra, après mes explications, que je l’aie dit sans aucune intention de blasphème et seulement avec l’affection un peu ironique qu’un artiste a le droit d’éprouver a l’égard des personnages de sa création.”.

L'étranger

L’étranger : il dolore

Il romanzo di cui parliamo, secondo gli storici della Letteratura, avrebbe fruttato all’Autore il Premio Nobel del 1957. E se l’Accademia di Stoccolma decise di assegnare il premio, certamente ebbe delle ragioni valide, che nessuno ovviamente vuole discutere. Noi che siamo estimatori di Albert Camus, qui vogliamo esaminare l’opera da vicino, per capirla meglio:

a) La storia riguarda un “pied noir”, cioè un francese in terra d’Algeria, in un’epoca da collocare nell’immediato secondo dopoguerra. Il protagonista si chiama Mersault, e di lui non ci viene svelato il nome;

b) L’uomo vive ad Algeri, solo, dopo aver collocato la propria madre in una casa di riposo per anziani. Perché lo ha fatto? Per due ragioni: – per non lasciare la madre tutto il giorno, mentre era al lavoro, che, ci viene detto, lo impegna fino al tardo pomeriggio; – perché il figlio non aveva i mezzi economici per pagare una governante, che facesse compagnia alla madre. Non risulta che Mersault abbia altri parenti, né in Algeria, né nella Madrepatria (la Francia). Per capire meglio le cose, vediamo come si esprime il nostro eroe su uno dei punti chiave della vicenda, cioè in merito ai sentimenti verso la propria madre.
“… Le juge d’instruction (il nostro Giudice per Indagini Preliminari) lo convoca per interrogarlo e, tra le altre cose, a un certo punto gli chiede se egli volesse bene alla propria madre: “ Sans transitino, il m’a demandé si j’aimais maman, J’ai dit : Oui, comme tout le monde… “. ( Senza mezzi termini, mi ha chiesto se volessi bene a mia madre e io gli risposto: Sì, come tutti). E’ una risposta di uno sprovveduto, o di un arrogante?

c) Il tono dell’umore di Mersault è depresso, ed egli si sente <straniero> (da cui il tiolo del libro) agli altri, e a se stesso. Egli non vive, ma si lascia vivere. Non ha, né cerca affetti. Non vuole comunicare con gli altri. Non manifesta mai il proprio dolore per l’allontanamento e poi, per la morte della madre, che si intuisce (ma solo si intuisce!) egli ami molto. Al momento del funerale, non mostra un solo momento di dolore, o smarrimento. Non vuole neanche vedere il volto della madre defunta: cosa piuttosto singolare, perché sappiamo che tutti cerchiamo di vedere per l’ultima volta il volto di una persona cara, quasi per stamparcelo nella mente e nel cuore. Non vede l’ora di lasciare il luogo del funerale, per tornare ad Algeri.
Non scambia alcuna parola con gli altri ospiti della casa di riposo, che hanno condiviso gli ultimi tre anni della vita, che si intuisce non molto felice, della madre. Non ricorda l’età della madre! «  Mais tout le monde sait que la vie ne vaut pas la peine d’être vécue » (Tutti sanno che la vita non merita di essere vissuta) pensa Mersault !   Ma qui Mersault certamente sbaglia, perché se tutti pensassero così, il mondo non esisterebbe. Ma tu pensi, perché sei… e dunque, il mondo esiste e come. Ed esiste anche un Essere immutabile che l’ha creato e che lo rende possibile.

d) Tornato alla propria vita di tutti i giorni, si lega di amicizia con Raymond, un coinquilino, che di mestiere fa il < prosseneta> , e lo favoreggia in una sordida storia di sfruttamento della prostituzione, e di punizione violenta di una povera donna sfruttata;

e) Ha una storia sentimentale con un’ex collega di ufficio, la dattilografa Marie Cardona, alla quale non rivolge mai una sola parola di amore, affetto, vicinanza, o simpatia . Anzi, richiesto, le dice di non amarla. Ovviamente, la donna accoglie non benissimo la risposta. Del resto,  come avrebbe potuto?

f) In tutto questo suo mondo opaco, l’unico momento in cui Mersault si riscuote è quando decide di insultare e maltrattare il cappellano del carcere che è andato ad offrirgli un conforto religioso, che il Nostro non solo rifiuta, come sarebbe suo diritto, ma respinge con violenza e rancore. Citiamo questo passaggio, per intero, perché lo riteniamo uno dei momenti più programmatici, e perciò più importanti del libro: “ …C’est à ce moment précis que l’aumônier est entré. Quand je l’ai vu, j’ai eu un petit tremblement. Il s’en est aperçu et m’a dit de ne pas avoir peur. Je lui ai dit qu’il venait d’habitude à un autre moment. Il m’a répondu que c’était une visite tout amicale qui n’avait rien à voir avec mon pourvoi dont il ne savait rien. Il s’est assis sur ma cou-chette et m’a invité à me mettre près de lui. J’ai refusé. Je lui trou-vais tout de même un air très doux.  Il est resté un moment assis, les avant-bras sur les genoux, la tête baissée, à regarder ses mains. Elles étaient fines et musclées, elles me faisaient penser à deux [163] bêtes agiles. Il les a frottées lentement l’une contre l’autre. Puis il est resté ainsi, la tête toujours baissée, pendant si longtemps que j’ai eu l’impression, un instant, que je l’avais oublié.Mais il a relevé brusquement la tête et m’a regardé en face : « Pourquoi, m’a-t-il dit, refusez-vous mes visites ? » J’ai répondu que je ne croyais pas en Dieu. Il a voulu savoir si j’en étais bien sûr et j’ai dit que je n’avais pas à me le demander : cela me paraissait une ques-tion sans importance. Il s’est alors renversé en arrière et s’est ados-sé au mur, les mains à plat sur les cuisses. Presque sans avoir l’air de me parler, il a observé qu’on se croyait sûr, quelquefois, et, en réalité, on ne l’était pas. Je ne disais rien. Il m’a regardé et m’a interrogé : « Qu’en pensez-vous ? » J’ai répondu que c’était possible. En tout cas, je n’étais peut-être pas sûr de ce qui m’intéressait réellement, mais j’étais tout à fait sûr de ce qui ne m’intéressait pas. Et justement, ce dont il me parlait ne m’intéressait pas.Il a détourné les yeux et, toujours sans changer de position, m’a demandé si je ne parlais pas ainsi par excès de désespoir. Je lui ai expliqué que je n’étais pas désespéré. J’avais seulement peur, c’était bien naturel. « Dieu vous aiderait alors, a-t-il remarqué. Tous ceux que j’ai connus dans votre cas se retournaient vers lui. » J’ai re-connu que c’était leur droit. Cela prouvait aussi qu’ils en avaient le temps. Quant à moi, je ne voulais pas qu’on m’aidât et justement le temps me manquait pour m’intéresser à ce qui ne m’intéressait pas. À ce moment, ses mains ont eu un geste d’agacement, mais il s’est redressé et a arrangé les plis de sa robe. Quand il a eu fini, il s’est adressé à moi en m’appelant « mon ami » : s’il me parlait ainsi ce n’était pas parce que j’étais condamné à mort ; à son avis, nous étions tous condamnés à mort. Mais je l’ai interrompu en lui disant que ce n’était pas la même chose et que, d’ailleurs, ce ne pouvait être, en au-cun cas, une consolation. « Certes, a-t-il approuvé. Mais vous mourrez plus tard si vous ne mourez pas aujourd’hui. La même question se pose-ra alors. Comment aborderez-vous cette terrible épreuve ? » J’ai ré-pondu que je l’aborderais exactement comme je l’abordais en ce moment. Il s’est levé a ce mot et m’a regardé droit dans les yeux. C’est un jeu que je connaissais bien. Je m’en amusais souvent avec Emmanuel ou Céleste et, en général, ils détournaient leurs yeux. L’aumônier aussi connaissait bien ce jeu, je l’ai tout de suite compris : son regard ne tremblait pas. Et sa voix non plus n’a pas tremblé quand il m’a dit : « N’avez-vous donc aucun espoir et vivez-vous avec la pensée que vous allez mourir tout entier ? – Oui », ai-je répondu.  Alors, il a baissé la tête et s’est rassis. Il m’a dit qu’il me plaignait. Il jugeait cela impossible à supporter pour un homme. Moi, j’ai seule-ment senti qu’il commençait à m’ennuyer. Je me suis détourné à mon tour et je suis allé sous la lucarne. Je m’appuyais de l’épaule contre le mur.  Sans bien le suivre, j’ai entendu qu’il recommençait à m’interro-ger. Il parlait d’une voix inquiète et pressante. J’ai compris qu’il était ému et je l’ai mieux écouté. Il me disait sa certitude que mon pourvoi serait accepté, mais je portais le poids d’un péché dont il fallait me débarrasser. Selon lui, la justice des hommes n’était rien et la justice de Dieu tout. J’ai remar-qué que c’était la première qui m’avait condamné. Il m’a répondu qu’elle n’avait pas, pour autant, lavé mon péché. Je lui ai dit que je ne savais pas ce qu’était un péché. On m’avait seulement appris que j’étais un coupable. J’étais coupable, je payais, on ne pouvait rien me demander de plus. À ce moment, il s’est levé à nouveau et j’ai pensé que dans cette cellule si étroite, s’il voulait remuer, il n’avait pas le choix. Il fallait s’asseoir ou se lever. J’avais les yeux fixés au sol. Il a fait un pas vers moi et s’est arrê-té, comme s’il n’osait avancer. Il regardait le ciel à travers les bar-reaux. « Vous vous trompez, mon fils, m’a-t-il dit, on pourrait vous demander plus. On vous le demandera peut-être. -Et quoi donc ? – On pourrait vous demander de voir. – Voir quoi ? » Le prêtre a regardé tout autour de lui et il a répondu d’une voix que j’ai trouvée soudain très lasse : « Toutes ces pierres suent la dou-leur, je le sais. Je ne les ai jamais regardées sans angoisse. Mais, du fond du coeur, je sais que les plus misérables d’entre vous ont vu sor-tir de leur obscurité un visage divin. C’est ce visage qu’on vous deman-de de voir.  Je me suis un peu animé. J’ai dit qu’il y avait des mois que je re-gardais ces murailles. [167] Il n’y avait rien ni personne que je connus-se mieux au monde. Peut-être, il y a bien longtemps, y avais-je cherché un visage. Mais ce visage avait la couleur du soleil et la flamme du dé-sir : c’était celui de Marie. Je l’avais cherché en vain. Maintenant, c’était fini. Et dans tous les cas, je n’avais rien vu surgir de cette sueur de pierre.L’aumônier m’a regardé avec une sorte de tristesse. J’étais main-tenant complètement adossé à la muraille et le jour me coulait sur le front. Il a dit quelques mots que je n’ai pas entendus et m’a demandé très vite si je lui permettais de m’embrasser : « Non », ai-je répondu. Il s’est retourné et a marché vers le mur sur lequel il a passé sa main lentement : « Aimez-vous donc cette terre à ce point ? » a-t-il murmu-ré. Je n’ai rien répondu. Il est resté assez longtemps détournée. Sa présence me pesait et m’agaçait. J’allais lui dire de partir, de me laisser, quand il s’est écrié tout d’un coup avec une sorte d’éclat, en se retournant vers moi : « Non, je ne peux pas vous croire. Je suis sûr qu’il vous est arrivé de souhaiter une autre vie. » Je lui ai répondu que naturellement, mais cela n’avait pas plus d’importance que de souhaiter d’être riche, de nager très vite ou d’avoir une bouche mieux faite. C’était du même ordre. Mais lui m’a arrêté et il voulait savoir comment je voyais cette autre vie. Alors, je lui ai crié : « Une vie où je pourrais me souvenir de celle-ci », et aussitôt je lui ai dit que j’en avais assez. Il voulait encore me parler de Dieu, mais je me suis avancé vers lui et j’ai tenté de lui expliquer une dernière fois qu’il me restait peu de temps. Je ne voulais pas le perdre avec Dieu. Il a essayé de changer de sujet en me deman-dant pourquoi je l’appelais « monsieur » et non pas « mon père ». Cela m’a énervée je lui ai répondu qu’il n’était pas mon père : il était avec les autres.– Non, mon. fils, a-t-il dit en mettant la main sur mon épaule. Je suis avec vous. Mais vous ne pouvez pas le savoir parce que vous avez un coeur aveugle. Je prierai pour vous. Alors, je ne sais pas pourquoi, il y a quelque chose qui a crevé en moi. Je me suis mis à crier à plein gosier et je l’ai insulté et je lui ai dit de ne pas prier. Je l’avais pris par le collet de sa soutane. Je dé- versais sur lui tout le fond de mon coeur avec des bondissements mêlés de joie et de colère. Il avait l’air si certain, n’est-ce pas ? Pour-tant, aucune de ses certitudes ne valait un cheveu de femme. Il n’était même pas sûr d’être en vie puisqu’il vivait comme un mort. Moi, j’avais l’air d’avoir les mains vides. Mais j’étais sûr de moi, sûr de tout, plus sûr que lui, sur de ma vie et de cette mort qui allait venir. Oui, je n’avais que cela. Mais du moins, je tenais cette vérité autant qu’elle me tenait. J’avais eu raison, j’avais encore raison, j’avais toujours rai-son. J’avais vécu de telle façon et j’aurais pu vivre de telle autre. J’avais fait ceci et je n’avais pas fait cela. Je n’avais pas fait telle chose alors que j’avais fait cette autre. Et après ? C’était comme si j’avais attendu pendant tout le temps cette minute et cette petite aube où je serais justifié. Rien, rien n’avait d’importance et je savais bien pourquoi. Lui aussi savait pourquoi. Du fond de mon avenir, pen-dant toute cette vie absurde que j’avais menée, un souffle obscur re-montait vers moi à travers des années qui n’étaient pas encore venues et ce souffle égalisait sur son passage tout ce qu’on me proposait alors dans les années pas plus réelles que je vivais. Que m’importaient la mort des autres, l’amour d’une mère, que m’importaient son Dieu, les vies qu’on choisit, les destins qu’on élit, puisqu’un seul destin devait m’élire moi-même et avec moi des milliards de privilégiés qui, comme lui, se disaient mes frères. Comprenait-il, comprenait-il donc ? Tout le monde était privilégié. Il n’y avait que des privilégiés. Les au-tres aussi, on les condamnerait un jour. Lui aussi, on le condamnerait. Qu’importait si, accusé de meurtre, il était exécuté pour n’avoir pas pleuré à l’enterrement de sa mère ? Le chien de Salamano valait au-tant que sa femme. La petite femme automatique était aussi coupable que la Parisienne que Masson avait épousée ou que Marie qui avait envie que je l’épouse. Qu’importait que Raymond fût mon copain autant que Céleste qui valait mieux que lui ? Qu’importait que Marie donnât au-jourd’hui sa bouche à un nouveau Meursault ? Comprenait-il donc, ce condamné, et que du fond de mon avenir… J’étouffais en criant tout ceci. Mais, déjà, on m’arrachait l’aumônier des mains et les gardiens me menaçaient. Lui, cependant, les a calmés et m’a regardé un moment en silence. Il avait les yeux pleins de larmes. Il s’est détourné et il a disparu.  Lui parti, j’ai retrouvé le calme. J’étais épuisé et je me suis jeté sur ma couchette. (Andato via il prete, ho ritrovato la calma. Ero stanco, e mi sono buttato sul letto)!
Si può ragionevolmente pensare che un condannato a morte, solo tutto il giorno in attesa del momento fatale, non trovi neanche un utile diversivo in un colloquio con un altro essere umano, ancorché prete? Mah!

 

 

 

 

Conclusioni:

Mersault e Camus, affermano che il mondo è assurdo, cioè senza senso, e quindi senza λόγοσ . E’ la <Filosofia dell’Assurdo>, all’epoca molto chic tra gli intellos (intellettuali) in Francia e altrove. Ma se il mondo è assurdo, anche quello che fai può esserlo, e non se ne esce più, in una regressione irrazionale e nihilistica. E’ la negazione, perciò, di ogni possibile < Filosofia dell’Essere>, a proposito della quale, vediamo ciò scriveva, più di 2300 anni prima di Camus/Mersault, uno dei più grandi Filosofi dell’Essere, Aristotele di Stagira, in “Etica Nicomachea”:

* ) Su chi commette ingiustizia: “ …è assurdo dire che chi commette ingiustizia non vuole essere ingiusto…non solo i vizi dell’anima sono volontari ma, per alcuni, (o sono) anche quelli del corpo, ed a loro li rinfacciamo. In fatti nessuno biasima quelli che sono brutti per natura, ma quelli che lo sono per mancanza di ginnastica e per trascuratezza…” ( III,5;1114a : 10-25) ;

** ) Sull’uomo vile : “…certo il vile è un uomo senza speranza, perché ha paura di tutto…” ( III, 7/8; 1116°:1);

*** ) Sull’uomo virtuoso: “…L’uomo virtuoso, inoltre, vuole passare la vita con se stesso giacché ciò gli fa piacere: infatti, il ricordo delle azioni che ha compiuto gli é gradito, e le sue aspettative sono piacevoli. E la sua mente abbonda di oggetti da meditare…Quindi, è perché il virtuoso prova verso se stesso ciascuno di questi sentimenti, e perché li prova verso l’amico, come verso se stesso: l’amico – infatti – è un altro se stesso…”.

 

 

 

 

 

 

 

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