Il romanzo “I Promessi Sposi” inizia con la passeggiata di Don Abbondio che, intento a leggere il breviario, viene intercettato e minacciato dai Bravi, per conto di Don Rodrigo, un signorotto locale che, per una scommessa (!) con il proprio cugino, il Conte Attilio, vuole far sua una ragazza del luogo, di nome Lucia Mondella. Questa ragazza è promessa sposa di Renzo Tramaglino, e le nozze sono fissate per il giorno successivo all’incontro dei Bravi con il curato Don Abbondio.
Don Rodrigo minaccia Don Abbondio perché non celebri le nozze, e Don Abbondio, come sappiamo, non se lo fa ripetere due volte, e decide di adeguarsi alle richieste non amichevoli di Don Rodrigo.
Di tutto ciò abbiamo parlato nei tre articoli precedenti, sempre su “ilGrandeInquisitore.it” , ai quali rimandiamo anche mediante i seguenti link:
– http://www.ilgrandeinquisitore.it/wp admin/post.php?post=1740&action=edit
– http://www.ilgrandeinquisitore.it/wp-admin/post.php?post=1754&action=edit
– http://www.ilgrandeinquisitore.it/wp-admin/post.php?post=1772&action=edit
In questo quarto e ultimo articolo, spiegheremo perché Don Abbondio, non solo non è da condannare per la propria arrendevolezza alle minacce di Don Rodrigo, ma spiegheremo anche che la scelta di Don Abbondio non aveva alcuna alternativa realistica. Chi dunque capisce di avere un’unica scelta in un determinato contesto, può essere definito realista, non certo infingardo.
Nella seconda parte dell’articolo, presenteremo una nuova chiave di lettura a proposito del nostro eroe, e cioè sosterremo che il vero erede di Don Abbondio, nella letteratura e nella società italiana, è lui, il mitico Fantozzi rag. Ugo, quello della Corazzata Kotiomkin!
Con i tre articoli precedenti, abbiamo esaminato ciò che è successo dopo l’incontro di Don Abbondio con i Bravi:
1) Su indicazione di Agnese, che Manzoni bonariamente presenta come l’”ideologa” del gruppo, Renzo viene inviato a chiedere un parere legale all’Avvocato Azzeccarbugli. L’avvocato non solo si rifiuta di fornire assistenza legale al cliente, ma lo caccia in malo modo, perché anche Azzeccargabugli è nel giro di Don Rodrigo, a cui evidentemente non vuole e non può sottrarsi;
2) Sempre su indicazione di Agnese, viene contattato Fra Cristoforo, un cappuccino amico dei poveri, il quale accetta di andare ad intercedere (!) presso Don Rodrigo a pro di Renzo e Lucia. Il tentativo è evidentemente velleitario. Infatti Don Rodrigo caccia il frate con male parole, e con minacce;
3) Il terzo e ultimo tentativo di uscire dalle difficoltà è architettato da Renzo, con la complicità di Agnese, e dei propri cugini Tonio e il di lui fratello Gervaso. Renzo con Lucia, accompagnati da Tonio e Gervaso in qualità di testimoni, devono introdursi nottetempo e furtivamente nella casa del curato, per obbligarlo a registrare il giuramento matrimoniale, e quindi ratificare il matrimonio. Don Abbondio non è così sprovveduto come pensano anche i nostri eroi, infatti li caccia prima la povera Lucia riesca a pronunciare per intero la formula del giuramento matrimoniale: “ Questo (Renzo) è mio marito”.
Mentre si consumava la grottesca e scalcagnata irruzione dei nostri eroi, i Bravi erano arrivati nel paesino, per rapire Lucia e portarla da Don Rodrigo. Il rapimento fallisce, perché Lucia in quel momento è impegnata nel blitz a casa di Don Abbondio! Aveva dunque alternative la scelta di Don Abbondio? Lo sviluppo romanzesco ci dice di no.
Vediamo perché.
– Capitolo IX: Lucia e Agnese, su interessamento di Fra Cristoforo, trovano ospitalità a Monza, presso il convento di Suor Gertrude, la famigerata “Monaca di Monza”;
– Capitolo XI: Don Rodrigo, in un lungo soliloquio, ci fa conoscere i rapporti di forza nel Ducato di Milano, in cui non si muove foglia senza il consenso di Don Rodrigo e dei suoi compagni di merende, con buona pace di Agnese, e di Fra Cristoforo. Addirittura, il fatuo cugino, conte Attilio, si incarica di punire Fra Cristoforo: viene convocato il Provinciale dei frati cappuccini, e gli viene imposto di far trasferire il frate “refrattario” al potere degli amici degli amici. Il frate era stato, nel frattempo, mandato prudentemente e preventivamente a Rimini, in territorio Pontifico.
– Capitolo XIII: Subbugli a Milano a causa della carestia, seguita alle devastazioni della lunga invasione dei Lanzichenecchi.
– Capitolo XVIII. Il podestà e il console del paesino, su ordine di Don Rodrigo, sfondano la porta della casa di Lucia, e ne accertano la “contumacia” : Lucia e Agnese sono state intanto tradotte, complice la Monaca di Monza, al castello dell’Innominato, padrino capo della zona. L’Innominato deve consegnare la ragazza a Don Rodrigo, perché questi possa vincere la scommessa (!!!) con il cugino conte Attilio! Inopinatamente, l’Innominato si converte, nel corso di un incontro con il Cardinale Federico Borromeo, e tutto l’intrigo si blocca . Le vicende hanno uno svolgimento imprevedibile, perché in Milano scoppia la grande peste e , tra i moltissimi altri, Don Rodrigo muore a causa di essa. Dopodichè i due promessi sposi convoleranno.
Don Abbondio non viene smentito: senza la peste, niente avrebbe ragionevolmente potuto opporsi alle pretese del signorotto in calore, come razionalmente aveva capito il curato fin dall’inizio.
Il codardo è chi sceglie la via della resa, quando ce ne siano altre possibili. Non è codardo, invece, chi capisce di non avere alternative, e si adegua, di buon o cattivo grado. Facciamo l’ipotesi che Don Abbondio avesse deciso di resistere. I Bravi gli avevano fatto capire che se avesse recalcitrato, il parroco sarebbe stato punito con la morte, ciò che non avrebbe risolto i problemi dei promessi, anzi! Veniamo alle affinità elettive tra Don Abbondio e il ragioniere Ugo Fantozzi, al quale dedicheremo un articolo nelle prossime settimane.
Che cosa accomuna dunque i nostri due bistrattatissimi eroi? Il realismo cinico: entrambi capiscono la società in cui vivono, e si adeguano, perché comprendono di non avere alternative. Detto del curato, veniamo allo jellato ragioniere. L’aspirazione massima di Fantozzi è di adeguarsi al determinismo sociale che lo vuole subalterno. Ma questo determinismo non è statico: se tu accetti passivamente il tuo status, qualcuno cercherà sempre di spostarlo sempre più in basso, a tuo detrimento.
Don Abbondio aveva capito che, rebus sic stantibus, il matrimonio non poteva essere celebrato. Da quel momento, Don Abbondio cercò solo di non diventare l’eroe inutile di una vicenda più grande di lui e dei poveri suoi interlocutori: Renzo, Lucia e Agnese.
Anche Fantozzi cerca solo di conservare il suo status di subalterno, e fa di tutto perché non divenga uno status di schiavo, e le sue rocambolesche disavventure nascono da questo disperato tentativo di bloccare la frana sociale propria e dei propri cari!
Ma per saperne di più sul nostro amato ragioniere, non vi resta che attendere il prossimo articolo su “ilGrandeInquisitore.it”.