Presentazione:
Vincent van Gogh (1853-1890) non era un genio capriccioso e ubriacone, né un depresso. Le lettere, in numero di 951, che scrisse lo testimoniano. Queste lettere ci presentano un artista geniale, e un pensatore profondo e alla ricerca costante del senso della vita. Le lettere di van Gogh rappresentano un corpus unico nella storia dell’arte, per il numero (abbiamo già detto : 951!), e per l’importanza . L’attività epistolare di Vincent fu inesauribile, e gigantesca. La maggior parte delle lettere sono indirizzate al fratello Theo (1857-1891) , mercante d’arte in Parigi, mentore e sodale di Vincent, per tutta la sua, la loro vita, si potrebbe dire, perché Theo morì (di sifilide) solo un anno dopo la morte di Vincent. La famiglia di Vincent era così composta: Theodorus van Gogh, di professione pastore e parroco luterano (1822-1885) ; Anna Carbentus van Gogh (1819-1907) . Figli: – Vincent I (nato morto il 1852) ; il nostro Vincent (1853-1890); Anna (1855- 1930); Theo (1857-1991) ; Elisabeth (1859-1936) ; Willemien Jacoba (1862-1941); Cor (1867- 1900) .
Qui presentiamo, tratti dalle lettere, alcuni giudizi di Vincent sull’arte pittorica, ma anche sulla letteratura: uno scrittore amato era Balzac, né certo si può dar torto a van Gogh per questa predilezione. Abbiamo utilizzato otto lettere, numerate secondo la numerazione del sito che contiene il corpus integrale di tutte le sue lettere: www.vangoghletters.org, e che è consultabile gratuitamente.
Il materiale che utilizziamo in questo articolo, cioè le otto lettere di cui sopra, è tratto dal libro – Vincent van Gogh:” Scrivere la vita”. Biblioteca Donzelli, 2013 (ISBN: 978-88-6036-988-8) .
I personaggi citati sono: 1) Theo, di cui si è detto; 2) Willemina Jacoba van Gogh (1862-1941), sorella; 3) Emile Bernard, pittore e scrittore francese (1868-1941) ; 4) Honorè de Balzac (1799-1850), scrittore francese, autore dei 99 volumi di “La Comédie Humaine”, capolavoro della letteratura universale; 5) Rembrandt Harmenszoon van Rijn,noto solo come Rembrandt (Leida, 15 luglio 1606 – Amsterdam, 4 ottobre 1669) è stato un pittore e incisore olandese.
Vincent : Natura morta à la manière de Cézanne et Renoir
1) Balzac: “…<Vétérinaire des maladies incurables> era definito Balzac…Vorrei che tutte le persone avessero la capacità di cui piano piano mi sto impadronendo io, di leggere un libro in breve tempo e senza fatica, e di trarne impressioni forti. Leggere libri è come vedere quadri: bisogna saper riconoscere ciò che è bello senza dubitare, senza esitare, sicuri del fatto proprio…” (lettera 170) ;
2) Comunque Taine (Hyppolite) riesce a fare affermazioni stranamente profonde . Ho letto cose – su Dickens e Carlyle – :< l’essenza del carattere inglese è l’assenza di felicità> … (lettera 359);
3) “…anche dal punto di vista artistico più alto possibile, non c’è niente da dire – dipingere persone, questo era quello che faceva l’arte italiana antica…” (lettera 550);
4) “… Per questo mi ha tanto colpito una testa di prostituta di Rembrandt. Perché aveva capito infinitamente bene quel sorriso misterioso con una serenità di cui soltanto lui – il mago dei maghi è capace- Manet e Courbet ci sono riusciti- e dannazione, io ho quella stessa ambizione, io hao quella stessa ambizione perché per giunta ho avvertito fin troppo profondamente dentro di me la bellezza infinita delle donne nelle parole dei grandi della letteratura, come Zola, Daudet, De Goncourt e Balzac…” (lettera 550) ;
5) “…(a Emile Bernard)… né tu né io possiamo avere di Velsquez e Goya un’idea completa di come erano come uomini, perché né tu né io abbiamo visto la Spagna, il loro paese, e tante cose belle rimaste nel Sud. Ciò non toglie che quello che sappiamo è già qualcosa… Tengo a ribadire che né Baudelaire, né tu avete un’idea sufficientemente chiara su Rembrandt… Zola e Balzac, in quanto pittori di una società, di una natura nel suo complesso, destano in coloro che li amano emozioni artistiche rare, appunto perché riescono ad abbracciare l’intera epoca che dipingono…” (lettera 651) ;
Emile Bernard : Donne bretoni.
6) “…(a Emile Bernard)… a me piace tanto quell’aneddoto su Giotto – c’era un bando per realizzare non so quale quadro raffigurante una Vergine. All’amministrazione delle Belle Arti dell’epoca era stata inviata una marea di progetti. Uno di questi, firmato da Giotto, era semplicemente – un ovale – una forma d’uovo. Incuriosita e fiduciosa, l’amministrazione affida la Vergine in questione- a Giotto…” (lettera 655);
7) “…(a Willermina Jacoba, sorella <1862-1941>, a proposito dell’arte giapponese)… Theo mi ha scritto che ti ha dato alcune stampe giapponesi. E’ senz’latro il mezzo più pratico, per riuscire a capire la direzione che la pittura sta prendendo attualmente. Colorata e luminosa. Io qui (ad Arles) non ho bisogno di dipinti giapponesi, infatti mi ripeto costantemente che io qui sono in Giappone e si conseguenza basta aprire gli occhi e dipingere dritto davanti a me ciò che mi colpisce…Più divento brutto, vecchio, malato e povero, più voglio vendicarmi facendo colori brillanti, ben combinati, rifulgenti. Anche gli orefici devono diventare vecchi e brutti, prima di riuscire a combinare bene le gemme. E combinare i colori in un quadro, per farli vibrare e valorizzarli attraverso la loro opposizione è come combinare i gioielli; o- ideare abiti. Vedrai che ora, ammirando regolarmente le stampe giapponesi, ti piacerà di più comporre i bouquet, lavorare con i fiori…” (lettera 678);
8) “…(a Theo)…in questo momento sto leggendo “ Le médecin de campagne” di Balzac, che è molto bello, c’è un personaggio femminile no folle, ma troppo sensibile che è davvero affascinante… Hanno parecchio spazio qui all’ospedale, ci sarebbe di che organizzare uno studio per una trentina di pittori…E’ bene che mi rassegni: è fin troppo vero che un sacco di pittori diventano pazzi, è una vita che rende, a dir poco, molto distratti. Se mi ributto nel lavoro, è un bene, ma resto pur sempre uno svitato. Se potessi arruolarmi per 5 anni, guarirei notevolmente e sarei più ragionevole e padrone di me…” (lettera 768)