Nell’articolo “I 40 giorni che cambiarono il mondo”
( il cui link trovi qui di seguito: http://www.ilgrandeinquisitore.it/wp-admin/post.php?post=748&action=edit)
abbiamo scritto a proposito dello sforzo militare straordinario della Repubblica Romana nel 67 a.C., per liberarsi del cappio terroristico dei pirati. Se si vuole usare una terminologia moderna, Roma scatenò la “guerra mondiale alla pirateria e al terrorismo”, e la vinse in 40 giorni (Blitzkrieg, per usare un altro termine moderno).
In quell’articolo, avevamo segnalato che in Senato, Cesare fu l’unico dei grandi senatori a votare a favore della concessione dei poteri straordinari a Gneo Pompeo Magno. Cesare votò a favore di Pompeo, perché capì la situazione politico-militare, ma anche per l’esperienza personale che aveva avuta circa 7 anni prima (nel 74 a.C.), quando era stato catturato dai pirati, mentre si dirigeva all’isola di Rodi.
Qui di seguito, riportiamo Svetonio, e Plutarco raccontano questo episodio della vita di Caio Giulio Cesare, con i link ai siti di consultazione.
Svetonio
“…Durante la navigazione verso Rodi, avvenuta nella stagione invernale, [Cesare] fu fatto prigioniero dai pirati presso l’isola di Farmacusae rimase con loro, non senza la più viva indignazione, per circa quaranta giorni, in compagnia di un medico e di due schiavi. I compagni di viaggio, infatti, e tutti gli altri servi erano stati inviati immediatamente a Roma per raccogliere i soldi del riscatto. Quando furono pagati i cinquanta talenti stabiliti, venne sbarcato su una spiaggia e allora, senza perdere tempo, assoldò una flotta e si lanciò all’inseguimento dei pirati: li catturò
e li condannò a quel supplizio che spesso aveva minacciato loro per scherzo…”.
Svetonio: http://www.progettovidio.it/risultatiautori.asp?opera=Vita dei Cesari&libro=Libro I (Cesare)
Plutarco
“…Quando Silla diventò dittatore, avrebbe preteso che Cesare ripudiasse la propria moglie Crnelia, figlia del dittatore Cinna, ma non riuscì a convincerlo né con le minacce né con le lusinghe, e pertanto prese le distanze da lui. La renitenza di Cesare era dovuta ai suoi legami di parentela: Mario aveva infatti sposato la sorella del padre di Cesare, per cui Mario il giovane era cugino primo di Cesare. Essendo impegnato su molti fronti, Silla faceva uccidere tutti i propri nemici e, conquistato il potere, non poteva fare alcun affidamento su Cesare che, nonostante l’ostilità di Silla, non se ne stava nascosto per salvarsi la vita, ma addirittura si candidò alla carica di sommo sacerdote, pur essendo molto giovane. Cesare era nauseato dai metodi di Silla.
Quando Silla decise di farlo assassinare, gli amici gli dissero che sbagliava ad uccidere un uomo così giovane. AL che Silla replicò che in quel giovani c’erano (nascosti) molti mariani (seguaci di Mario). Cesare, capita la situazione, fuggì nella Sabina, dove cambiava domicilio ogni giorno, per non essere catturato. I soldati di Silla, però, lo trovarono .Ma Cesare corruppe il loro capitano con due talenti, e scappò in Bitinia, dal re Nicomede.
Non passò però molto tempo che [Cesare] s’imbarcò di nuovo, ma giunto al largo dell’isola di Farmacusa fu catturato dai pirati, che già allora dominavano il mare con vaste scorrerie e un numero sterminato di imbarcazioni. I pirati chiesero venti talenti per il riscatto e lui, ridendo, esclamò: «Voi non sapete chi avete catturato! Ve ne darò cinquanta». Dopodiché spedì alcuni del suo seguito in varie città a procurarsi il denaro e rimasto lì con un amico e due servi in mezzo a quei Cilici, ch’erano gli uomini più sanguinari del mondo, li trattò con tale disprezzo che quando voleva riposare gli ordinava di fare silenzio. Passò così trentotto giorni come se fosse circondato non da carcerieri ma da guardie del corpo, giocando e facendo ginnastica insieme con loro, scrivendo versi e discorsi che poi gli faceva ascoltare, e se non lo applaudivano li redarguiva aspramente, chiamandoli barbari e ignoranti. Spesso, scherzando e ridendo, minacciava d’impiccarli, e quelli, attribuendo la sua sfrontatezza all’incoscienza tipica dell’età giovanile, a loro volta gli ridevano dietro. Ma appena giunse da Mileto il denaro del riscatto e pagata la somma fu rilasciato, allestì subito delle navi e dal porto di quella stessa città salpò alla caccia dei pirati. Li sorprese che stavano alla fonda nelle vicinanze dell’isola, li catturò quasi tutti, saccheggiò i frutti delle loro razzie, fece rinchiudere gli uomini nella prigione di Pergamo e si recò difilato dal governatore d’Asia, I’unico, che in qualità di pretore aveva il compito di punire i prigionieri. Ma quello, messi gli occhi sul bottino (piuttosto cospicuo, in verità), disse che si sarebbe occupato a suo tempo dei prigionieri. Allora Cesare, mandatolo alla malora, tornò di corsa a Pergamo e tratti fuori dal carcere i pirati li appese a una croce , così come nell’isola con l’aria di scherzare, gli aveva spesso pronosticato.
Plutarco: http://www.gutenberg.org/files/14140/14140-h/14140-h.htm#LIFE_OF_C_CAESAR
http://www.gutenberg.org/files/14140/14140-h/14140-h.htm#LIFE_OF_C_CAESAR
Da Wikipedia : Un talento è un’antica unità di misura della massa. I Sumeri ed i Babilonesi avevano un sistema in cui 60 shekel (peso variabile da 10 a 13 grammi) formavano una mina e 60 mine formavano un talento babilonese, che quindi corrispondeva ad almeno a 36 kg.
Piccola postilla: Se il rapimento di Cesare fosse avvenuto oggi, in quella che il geniale Zygmunt Bauman chiama la “società liquida”, una inchiesta dell’ONU a suo danno, a Cesare Caio Giulio non gliela toglieva nessuno.
Parleremo anche di Bauman e della società liquida, in un prossimo articolo.