Presentazione:
Ne “ I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, Azzeccargarbugli è l’avvocato a cui Renzo Tramaglino si rivolge, per chiedere un parere legale sul rifiuto di Don Abbondio di celebrare le nozze tra il predetto Renzo, e Lucia Mondella, sua promessa sposa. Il rifiuto di Don Abbondio è causato dalle minacce che Don Rodrigo, signorotto locale, fa arrivare a Don Abbondio, per il tramite dei propri scagnozzi, i “bravi” (all’epoca “milizie” private dei signorotti, ma anche dei signoroni). Don Rodrigo vuole possedere Lucia, e ritiene di non poterlo fare in caso di matrimonio di questa con Renzo. Azzeccagarbugli,in un primo momento, crede che il “concessore “ sia Renzo stesso, e non Don Rodrigo, e quindi sguaiatamente comincia ad illustrare, con il proprio platealmente sbilenco “latinorum”, tutte le more e i sottefugi che la legge offrirebbe a Renzo, nel caso che questi, essendo l’offensore, volesse sfangarsela. Nel capolavoro del Manzoni, perciò, Azzeccagarbugli diventa l’archetipo di chi è debole coi forti, e forte coi deboli, e per svolgere questo acrobaticamente difficilissimo ruolo sociale, parla in maniera esoterica e/o gergale, cioè usando parole di cui vuole forza continuamente il senso. Ecco alcuni esempi, di gergo Azzeccarbugliesco, oggi. – Tutti gli intellos (come in Francia, che è la loro patria, sono chiamati gli intellettuali), che ogni due-tre parole, infilano: 1) Che dire? ; 2) Come dire? ; 3) Assolutamente sì (o no: è l’istess’); 4) l’uso di due – tre e anche quattro negazioni : “ Non c’è chi non vede che questo discorso non … ecc”: così, uno perde il conto delle negazioni, e rinuncia a capire il senso della frase, che è criptico, nascosto, gergale, perché è scadente, pedestre, puerile; – Un’altra categoria benemerita è quella dei giornalisti e commentatori di sport, che in Italia significa al 99,99% di calcio. Questi benemeriti cervelloni hanno sconvolto le leggi delle geometria e della gravità. Infatti, cosa accade? Un campo di calcio é su un piano orizzontale, e perciò i movimenti sullo stesso possono essere nelle quattro direzioni cardinali (Nord-Sud-Est-Ovest) , ma sempre in orizzontale. Ebbene, questi cervelloni di cui sopra, cosa ti vanno ad inventare, per spaventare il plebeo/bifolco? 1) Un calciatore avanza? E loro dicono: “sale”; oppure “si alza” (come se prima fosse coricato!) ; 2) Un terzino (che loro chiamano “difensore esterno”, o “difensore di fascia”) avanza? E loro, ti dicono che “sale”: ma senza scala o scale, uno non può “salire”, perché vi si opporrebbe la forza di gravità! 3) Un attaccante scatta in avanti? E loro : “attacca lo/gli spazio/i , come se si trattasse di un’azione ostile contro il povero “spazio”; 4) Un attaccate scarta/dribbla un avversario? E loro: “salta l’uomo”; o “crea superiorità numerica”: e torniamo alle arti belliche, o entriamo nell’aritmetica; 5) I calciatori di una squadra giocano in spazi ristretti, in genere per difendersi meglio? E loro: “fanno densità”: e qui entriamo nella chimica-fisica. Vedete dove ci ha portati quell’imbroglione impunito di Azzeccagarbugli?
Buona lettura a tutti !
Qui sotto: Medaglione dedicato ad Azzeccagarbugli (!!!) nel Palazzo Luraschi, in Milano.
Da “ I Promessi Sposi”, capitolo III.
Renzo, consigliato da Lucia, e da Agnese, sua madre, va a Lecco, a chiedere un parere legale all’avvocato Azzeccagarbugli. La scena inizia con Renzo che è stato fatto accomodare, dalla fantesca, nello studio dell’avvocato.
– Vorrei dirle una parola in confidenza. – Son qui, – rispose il dottore: – parlate -. E s’accomodò sul seggiolone. Renzo, ritto davanti alla tavola, con una mano nel cocuzzolo del cappello, che faceva girar con l’altra, ricominciò: – vorrei sapere da lei che ha studiato… – Ditemi il fatto come sta, – interruppe il dottore.- Lei m’ha da scusare: noi altri poveri non sappiamo parlar bene. Vorrei dunque sapere…- Benedetta gente! siete tutti così: in vece di raccontar il fatto, volete interrogare, perché avete già i vostri disegni in testa.- Mi scusi, signor dottore. Vorrei sapere se, a minacciare un curato, perché non faccia un matrimonio, c’è penale. «Ho capito», disse tra sé il dottore, che in verità non aveva capito. «Ho capito». E subito si fece serio, ma d’una serietà mista di compassione e di premura; strinse fortemente le labbra, facendone uscire un suono inarticolato che accennava un sentimento, espresso poi più chiaramente nelle sue prime parole. – Caso serio, figliuolo; caso contemplato. Avete fatto bene a venir da me. E’ un caso chiaro, contemplato in cento gride, e… appunto, in una dell’anno scorso, dell’attuale signor governatore. Ora vi fo vedere, e toccar con mano… (Azzeccagarbugli pensa che il malandrino sia Renzo e comincia ad immaginare una strategia difensiva ad usum rei. Ma non è così perché, quando Renzo che l’avvocato ha frainteso, glielo fa notare, e l’avvocato …prende cappello, e caccia Renzo in malo modo) … sentite, sentite: et altre simili violenze, quali seguono da feudatarii, nobili, mediocri, vili,et plebei. Non se ne scappa: ci son tutti: è come la valle di Giosafat. Sentite ora la pena. Tutte queste et altre simili male attioni, benché siano proibite, nondimeno,convenendo metter mano a maggior rigore, S. E., per la presente, non derogando, eccetera, ordina e comanda che contra li contravventori in qualsivoglia dei suddetti capi, o altro simile, si proceda da tutti li giudici ordinarii di questo Stato a pena pecuniaria e corporale, ancora di relegatione o di galera, e fino alla morte… una piccola bagattella! all’arbitrio dell’Eccellenza Sua, o del Senato, secondo la qualità dei casi, persone e circostanze. E questo ir–re–mis–si–bil–mente e con ogni rigore, eccetera.Ce n’è della roba, eh? E vedete qui le sottoscrizioni: Gonzalo Fernandez de Cordova; e più in giù: Platonus; e qui ancora: Vidit Ferrer: non ci manca niente.Mentre il dottore leggeva, Renzo gli andava dietro lentamente con l’occhio, cercando di cavar il costrutto chiaro, e di mirar proprio quelle sacrosante parole, che gli parevano dover esser il suo aiuto. Il dottore, vedendo il nuovo cliente più attento che atterrito, si maravigliava. “Che sia matricolato costui”, pensava tra sé. – Ah! ah! – gli disse poi: – vi siete però fatto tagliare il ciuffo. Avete avuto prudenza: però, volendo mettervi nelle mie mani, non faceva bisogno. Il caso è serio; ma voi non sapete quel che mi basti l’animo di fare, in un’occasione. Per intender quest’uscita del dottore, bisogna sapere, o rammentarsi che, a quel tempo, i bravi di mestiere, e i facinorosi d’ogni genere, usavan portare un lungo ciuffo, che si tiravan poi sul volto, come una visiera, all’atto d’affrontar qualcheduno, ne’ casi in cui stimasser necessario di travisarsi, e l’impresa fosse di quelle, che richiedevano nello stesso tempo forza e prudenza. Le gride non erano state in silenzio su questa moda. Comanda Sua Eccellenza (il marchese de la Hynojosa) che chi porterà i capelli di tal lunghezza che coprano il fronte fino alli cigli esclusivamente, ovvero porterà la trezza, o avanti o dopo le orecchie, incorra la pena di trecento scudi; et in caso d’inhabilità, di tre anni di galera, per la prima volta, e per la seconda, oltre la suddetta, maggiore ancora, pecuniaria et corporale, all’arbitrio di Sua Eccel- Permette però che, per occasione di trovarsi alcuno calvo, o per altra ragionevole causa di segnale o ferita, possano quelli tali, per maggior decoro e sanità loro, portare i capelli tanto lunghi, quanto sia bisogno per coprire simili mancamenti e niente di più; avvertendo bene a non eccedere il dovere e pura necessità, per (non) incorrere nella pena agli altri contraffacienti imposta. E parimente comanda a’ barbieri, sotto pena di cento scudi o di tre tratti di corda da esser dati loro in pubblico, et maggiore anco corporale, all’arbitrio come sopra, che non lascino a quelli che toseranno, sorte alcuna di dette trezze, zuffi, rizzi, né capelli più lunghi dell’ordinario, così nella fronte come dalle bande, e dopo le orecchie, ma che siano tutti uguali, come sopra, salvo nel caso dei calvi, o altri difettosi, come si è detto. Il ciuffo era dunque quasi una parte dell’armatura, e un distintivo de’ bravacci e degli scapestrati; i quali poi da ciò vennero comunemente chiamati ciuffi. Questo termine è rimasto e vive tuttavia, con significazione più mitigata, nel dialetto: e non ci sarà forse nessuno de’ nostri lettori milanesi, che non si rammenti d’aver sentito, nella sua fanciullezza, o i parenti, o il maestro, o qualche amico di casa, o qualche persona di servizio, dir di lui: è un ciuffo, è un ciuffetto. – In verità, da povero figliuolo, – rispose Renzo, – io non ho mai portato ciuffo in vita mia. – Non facciam niente, – rispose il dottore, scotendo il capo, con un sorriso, tra malizioso e impaziente. – Se non avete fede in me, non facciam niente. Chi dice le bugie al dottore, vedete figliuolo, è uno sciocco che dirà la verità al giudice. All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle. Se volete ch’io v’aiuti, bisogna dirmi tutto, dall’a fino alla zeta, col cuore in mano, come al confessore. Dovete nominarmi la persona da cui avete avuto il mandato: sarà naturalmente persona di riguardo; e, in questo caso, io anderò da lui, a fare un atto di dovere. Non gli dirò, vedete, ch’io sappia da voi, che v’ha mandato lui: fidatevi. Gli dirò che vengo ad implorar la sua protezione, per un povero giovine calunniato. E con lui prenderò i concerti opportuni, per finir l’affare lodevolmente. Capite bene che, salvando sé, salverà anche voi. Se poi la scappata fosse tutta vostra, via, non mi ritiro: ho cavato altri da peggio imbrogli… Purché non abbiate offeso persona di riguardo, intendiamoci, m’impegno a togliervi d’impiccio: con un po’ di spesa, intendiamoci. Dovete dirmi chi sia l’offeso, come si dice: e, secondo la condizione, la qualità e l’umore dell’amico, si vedrà se convenga più di tenerlo a segno con le protezioni, o trovar qualche modo d’attaccarlo noi in criminale, e mettergli una pulce nell’orecchio; perché, vedete, a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo, e nessuno è innocente. In quanto al curato, se è persona di giudizio, se ne starà zitto; se fosse una testolina, c’è rimedio anche per quelle. D’ogni intrigo si può uscire; ma ci vuole un uomo: e il vostro caso è serio; serio, vi dico, serio: la grida canta chiaro; e se la cosa si deve decider tra la giustizia e voi, così a quattr’occhi, state fresco. Io vi parlo da amico: le scappate bisogna pagarle: se volete passarvela liscia, danari e sincerità, fidarvi di chi vi vuol bene, ubbidire, far tutto quello che vi sarà suggerito. Mentre il dottore mandava fuori tutte queste parole, Renzo lo stava guardando con un’attenzione estatica, come un materialone sta sulla piazza guardando al giocator di bussolotti, che, dopo essersi cacciata in bocca stoppa e stoppa e stoppa, ne cava nastro e nastro e nastro,che non finisce mai. Quand’ebbe però capito bene cosa il dottore volesse dire, e quale equivoco avesse preso, gli troncò il nastro in bocca, dicendo: – oh! signor dottore, come l’ha intesa? l’è proprio tutta al rovescio. Io non ho minacciato nessuno; io non fo di queste cose, io: e domandi pure a tutto il mio comune, che sentirà che non ho mai avuto che fare con la giustizia. La bricconeria l’hanno fatta a me; e vengo da lei per sapere come ho da fare per ottener giustizia; e son ben contento d’aver visto quella grida. – Diavolo! – esclamò il dottore, spalancando gli occhi. – Che pasticci mi fate? Tant’è; siete tutti così: possibile che non sappiate dirle chiare le cose? – Ma mi scusi; lei non m’ha dato tempo: ora le racconterò la cosa, com’è. Sappia dunque ch’io dovevo sposare oggi, – e qui la voce di Renzo si commosse, – dovevo sposare oggi una giovine, alla quale discorrevo, fin da quest’estate; e oggi, come le dico, era il giorno stabilito col signor curato, e s’era disposto ogni cosa. Ecco che il signor curato comincia a cavar fuori certe scuse… basta, per non tediarla, io l’ho fatto parlar chiaro, com’era giusto; e lui m’ha confessato che gli era stato proibito, pena la vita, di far questo matrimonio. Quel prepotente di don Rodrigo… – Eh via! – interruppe subito il dottore, aggrottando le ciglia, aggrinzando il naso rosso, e storcendo la bocca, – eh via! Che mi venite a rompere il capo con queste fandonie? Fate di questi discorsi tra voi altri, che non sapete misurar le parole; e non venite a farli con un galantuomo che sa quanto valgono. Andate, andate; non sapete quel che vi dite: io non m’impiccio con ragazzi; non voglio sentir discorsi di questa sorte, discorsi in aria.– Le giuro… – Andate, vi dico: che volete ch’io faccia de’ vostri giuramenti? Io non c’entro: me ne lavo le mani –. E se le andava stropicciando, come se le lavasse davvero. – Imparate a parlare: non si viene a sorprender così un galantuomo. – Ma senta, ma senta, – ripeteva indarno Renzo: il dottore, sempre gridando, lo spingeva con le mani verso l’uscio; e, quando ve l’ebbe cacciato, aprì, chiamò la serva, e le disse: – restituite subito a quest’uomo quello che ha portato: io non voglio niente, non voglio niente. Quella donna non aveva mai, in tutto il tempo ch’era stata in quella casa, eseguito un ordine simile: ma era stato proferito con una tale risoluzione, che non esitò a ubbidire. Prese le quattro povere bestie, e le diede a Renzo, con un’occhiata di compassione sprezzante, che pareva volesse dire: bisogna che tu l’abbia fatta bella. Renzo voleva far cerimonie; ma il dottore fu inespugnabile; e il giovine, più attonito e più stizzito che mai, dovette riprendersi le vittime rifiutate, e tornar al paese, a racconta alle donne il bel costrutto della sua spedizione.
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Gli Azzeccagarbugli di oggi: I pupi vanno sempre difesi, anche contro il buon senso, e la giustizia.